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Animali
17 Luglio 2025 - 01:11
Un esemplare di Cisticola exilis, foto d'archivio
Negli ultimi decenni, il 73% della fauna selvatica globale è scomparsa, mentre la popolazione mondiale è raddoppiata. Secondo le proiezioni ONU, 85 Paesi (tra cui Giappone e Italia) vedranno calare i propri abitanti entro il 2050. Alcuni ritengono che lo spopolamento possa aiutare l’ambiente, ma uno studio pubblicato su Nature Sustainability smonta questa idea.
In Giappone, i ricercatori hanno effettuato 1,5 milioni di osservazioni su uccelli, farfalle, rane, lucciole e piante raccolte da volontari in 158 siti. Le aree studiate, agricole, boschive e periurbane, mostrano che la biodiversità continua a calare ovunque, anche dove la popolazione diminuisce. Solo le zone con popolazione stabile sembrano resistere, ma anche lì l’invecchiamento porterà presto al declino.
A differenza di Chernobyl, dove l’abbandono improvviso ha favorito un ritorno della natura, in Giappone il calo è graduale e frammentato. I terreni agricoli restano in parte coltivati, altri sono abbandonati, urbanizzati o intensificati, impedendo la rigenerazione naturale. Le pratiche agricole tradizionali, come la coltivazione del riso o la gestione dei frutteti, mantenevano l’equilibrio ecologico. Senza di esse, alcune specie invasive si espandono, danneggiando l’ecosistema.
Cresce anche il numero di abitazioni abbandonate, ma si continuano a costruire nuove case: oltre 790.000 solo nel 2024. Infrastrutture e cementificazione avanzano, riducendo gli spazi per la fauna.
Gli autori dello studio avvertono: la biodiversità non si rigenera da sola. Servono politiche attive di recupero, come progetti di rewilding o la creazione di aree gestite localmente. Il depopolamento può diventare una risorsa ecologica, ma solo se gestito con consapevolezza.
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