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Salute & Curiosità

Sindrome di Lazzaro: il cuore riparte da solo, ma non è un miracolo

Quando la vita ritorna dopo la morte apparente: il caso di Tarquinia riaccende l’attenzione su questo fenomeno raro e inquietante

Sindrome di Lazzaro: il cuore riparte da solo, ma non è un miracolo

Dichiarato morto. Poi, mezz’ora dopo, si risveglia e chiama le figlie. Non è l’incipit di un film, né una pagina riscritta del Vangelo. È successo davvero, venerdì scorso a Tarquinia, in provincia di Viterbo, dove un uomo di 78 anni, colpito da infarto, si è "risvegliato" dopo l’arresto cardiaco e dopo che i soccorritori avevano già interrotto le manovre di rianimazione. L’elicottero per il trasporto era stato fatto rientrare. I parametri erano piatti. Poi, all’improvviso, il cuore ha ricominciato a battere. E l’uomo, incredibilmente, ha aperto gli occhi.

Il fenomeno si chiama Sindrome di Lazzaro, dal nome del personaggio evangelico riportato in vita da Gesù. Un nome che evoca la resurrezione, ma che ha ben poco di miracoloso. È un evento medico, raro ma documentato, che prende il nome tecnico di ROSC – Return of Spontaneous Circulation, cioè ritorno spontaneo della circolazione. Succede quando, dopo la fine delle manovre di rianimazione, il cuore riprende a battere da solo.

Il primo caso risale al 1982, ma da allora la letteratura scientifica ha raccolto almeno 65 episodi simili. Con ogni probabilità sono anche di più, sottostimati per via della loro imprevedibilità e del tempo ridotto in cui si verificano. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, il “ritorno” non ha un lieto fine: meno di un paziente su tre riesce a sopravvivere a lungo e a riprendersi davvero. Il cuore può ricominciare a battere, sì, ma il cervello o altri organi possono ormai essere compromessi in modo irreversibile.

Come è possibile “risorgere” dopo la morte? Le ipotesi non mancano, ma nessuna è ancora definitiva. Una delle spiegazioni principali riguarda la ventilazione meccanica eccessiva durante il massaggio cardiaco: se la pressione toracica è troppo alta, potrebbe impedire al sangue di fluire correttamente. Quando le manovre cessano, la pressione si normalizza e – in rari casi – il cuore riparte da solo.
Un’altra possibilità è che l’effetto dei farmaci rianimatori, come l’adrenalina, venga ritardato da una circolazione compromessa: arrivano “tardi” al cuore, ma comunque in tempo per provocare un battito. C’è anche chi punta il dito su squilibri metabolici temporanei, che potrebbero risolversi spontaneamente una volta cessata l’azione esterna.

Naturalmente, non c’è nessun pericolo di essere dichiarati morti per errore, né tantomeno di essere “sepolti vivi”. I protocolli di constatazione del decesso sono estremamente rigorosi. In caso di arresto cardiaco, si osservano almeno 20 minuti di tracciato piatto prima di firmare la dichiarazione di morte. Quando si parla invece di morte cerebrale, le verifiche sono ancora più stringenti e coinvolgono più medici, più controlli, più tempo.

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