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Come e perché il fantacalcio è diventato fondamentale nelle vite di tutti i giorni

Da un’idea degli anni ’90 alla passione di milioni di persone: amicizia, competizione e polemiche senza fine

Come e perché il fantacalcio è diventato fondamentale nelle vite di tutti i giorni

Il 27 agosto debutta su Netflix “Ogni maledetto Fantacalcio”, commedia dedicata al gioco più amato dagli appassionati di calcio. Ma come ha fatto delle semplici pagelle a costringere milioni di fanatici a non perdersi nemmeno una partita del campionato sperando nel gol o nell'assist del suo "giocatore"?

Riunirsi con gli amici, condurre l’asta, costruire la propria squadra ideale e vivere ogni settimana tra vittorie, sconfitte, litigi e risate. Il fantacalcio è questo: un’altalena di emozioni che accompagna i tifosi dal venerdì al lunedì, davanti alla tv e con lo smartphone in mano, divisi tra i voti live e la chat di gruppo tempestata di sfottò e riti scaramantici. Un passatempo che in Italia ha conquistato milioni di persone, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno culturale.

Il fantacalcio nasce nel 1990 grazie al giornalista Riccardo Albini, che si ispirò al fantasy baseball americano. Con il contributo di Alberto Rossetti e Diego Antonelli prese forma un regolamento che, pochi anni dopo, trovò la spinta decisiva grazie alla Gazzetta dello Sport. Nel 1994 il quotidiano iniziò a pubblicare i voti dei calciatori, diventando la base per calcolare i punteggi delle fantasquadre.

In pochi mesi i partecipanti passarono da 10.000 a 70.000. All’epoca servivano carta, penna e tanta pazienza: si spedivano le formazioni con le foto e il lunedì si aspettava il giornale per scoprire i risultati. Oggi, grazie alle app, basta un clic per gestire aste, formazioni e risultati, con voti aggiornati in tempo reale.

Il momento clou resta l’asta, una maratona che segna l’inizio della stagione. Trovare la data è spesso più difficile che condurre la trattativa: impegni improvvisi e cambi di programma rischiano sempre di rinviare il fatidico appuntamento. Una volta al tavolo, però, scatta la magia: fogli, penne, calcolatrici, birre e panini si mescolano a strategie segrete e colpi di scena.

Emergono le figure tipiche: l’esperto che commenta tutto, chi non conosce metà dei giocatori, il tifoso che compra solo i suoi beniamini, quello che si affida agli algoritmi e quello che alza la mano solo per far spendere gli altri. L’asta è fatica, adrenalina e teatro insieme.

Per quanto contino preparazione e strategia, il vero arbitro del fantacalcio è la fortuna. Lo sanno tutti i partecipanti, che provano a propiziarsela con il celebre pianto scaramantico. Funziona così: lamentarsi della propria squadra o elogiare quella degli altri, convinti che mostrarsi deboli attiri la sorte dalla propria parte. Dal “Immobile non segnerà mai” al “domani vinci sicuro tu”, il pianto è ormai parte integrante del folklore fantacalcistico.

Uno dei fronti più caldi resta quello dei voti. Un 5,5 al posto di un 6 può cambiare una stagione e scatenare discussioni infinite. Per ridurre le polemiche, nel 2017 Fantagazzetta (oggi Fantacalcio) ha introdotto Alvin482, un algoritmo basato sui dati Opta.

Il sistema elabora statistiche, le confronta con indici di performance specifici per ruolo e produce voti il più possibile oggettivi. Tiene conto anche del contesto: l’avversario, lo stadio, la forma recente. Nonostante ciò, le discussioni non sono mai diminuite. Perché il bello del calcio, e del fantacalcio, è che ognuno ha la sua verità e nessuno rinuncia al diritto di polemizzare.

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