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ALIMENTZIONE & CONSUMI
26 Agosto 2025 - 21:00
Etichette alimentari, valori nutrizionali, ingredienti, allergeni, additivi, Nutri-Score. Sono questi i dati che contano quando si fa la spesa, ma spesso restano in secondo piano rispetto a slogan e confezioni colorate. Eppure, nelle righe in piccolo sul retro si capisce se un prodotto è equilibrato o troppo ricco di sale, zuccheri o grassi.
Un’etichetta dice tutto: denominazione di vendita, elenco degli ingredienti, Paese d’origine, modalità d’uso. È obbligatoria per quasi tutti i prodotti, tranne poche eccezioni come frutta fresca, latte o uova. Gli ingredienti sono sempre in ordine decrescente: il primo è quello più presente. Dal 2014 gli allergeni devono comparire in evidenza.
La quantità netta è sempre riportata, in grammi o litri. Nei prodotti immersi in liquido si indica anche il peso sgocciolato, quello effettivamente consumabile. Le date si distinguono tra “da consumarsi entro”, che riguarda la sicurezza, e “da consumarsi preferibilmente entro”, legata solo alla qualità. Origine e lotto servono alla tracciabilità, mentre i prodotti di origine animale riportano anche il timbro veterinario.
Dal 2016 è obbligatoria la tabella nutrizionale: energia (kcal e kJ), grassi e grassi saturi, carboidrati e zuccheri, proteine, sale. Accanto compare spesso la RDA, la dose giornaliera raccomandata. Un bicchiere di succo d’arancia, ad esempio, copre circa il 20% della vitamina C. Indicazione utile, ma da leggere con cautela: può mettere in luce solo i nutrienti “positivi”, trascurando zuccheri e grassi in eccesso.
Gli additivi compaiono con codici: E100 per coloranti, E200 conservanti, E300 antiossidanti, E400 addensanti. Alcuni restano sotto osservazione, come nitriti e biossido di titanio. Gli allergeni obbligatori sono dodici: dal glutine alla soia, dal latte alle arachidi. Devono essere dichiarati chiaramente, ad esempio “lecitina di soia” e non solo “E322”.
Il sale è un punto critico. Spesso è indicato come sodio: 1 g di sodio equivale a 2,5 g di sale. Visto che circa l’80% dell’apporto quotidiano arriva da alimenti trasformati, la voce in etichetta è decisiva.
Alcune confezioni mostrano certificazioni: Etichetta Rossa per qualità superiore, AB biologico per ingredienti coltivati senza chimica, DOP/AOC per il legame con il territorio. Accanto compaiono anche diciture più vaghe come “naturale”, “artigianale” o “fatto in casa”, prive di reale valore legale.
Dal 2017 in Francia, Germania e Spagna è diffuso il Nutri-Score, semaforo a cinque colori che classifica i prodotti dalla A verde alla E rossa. In Italia resta marginale: a parte qualche catena francese come Carrefour, non è adottato in modo sistematico. Molti produttori lo contestano perché penalizzerebbe alimenti tradizionali come formaggi e salumi. Le etichette non sono un optional né un dettaglio burocratico: sono la parte più concreta e verificabile di ogni confezione. In quelle righe si gioca la trasparenza tra industria e consumatori.
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