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Basket
05 Settembre 2025 - 12:30
“Sono entrato nel basket per amore della squadra, di uno sport al quale erano legati sia mio fratello Sergio sia mia sorella Rosanna, e della città di Milano. Non me ne sono mai pentito. Anche all’inizio, quando non vincevamo”. Non era il successo, né il desiderio di un’altra gloria. Giorgio Armani quelle cose le aveva già viste, conosciute, possedute. L’Olimpia Milano per lui era qualcosa di più profondo: la bellezza dello sport, la sua capacità di emozionare, stupire e restituire valore all’impegno. A 91 anni, se n’è andato dopo una vita di eleganza, con la stessa intensità che metteva quando parlava di pallacanestro. “Oggi moda e sport hanno molto in comune”, diceva.
Era il 2008 quando Armani decise di intervenire per salvare la società in crisi. “Aveva bisogno davvero”, ricordava. Da lì partì un progetto che ha richiesto anni di sacrifici e investimenti (oltre 200 milioni di euro), per riportare il club ai vertici. Nel 2014, dopo diciotto anni, arrivò lo scudetto: “Una delle emozioni più forti della mia vita”, raccontava lo stilista. In totale con lui in panchina a tifare: 6 scudetti, 4 Coppe Italia e 5 Supercoppe.
Per Armani, lo sport era emozione pura. “Le partite sono coinvolgenti, piene di azione, veloci. Evidenziano lo spirito di squadra e il gioco scattante”. Con l’Olimpia, Armani ha portato Milano a vincere persino al Madison Square Garden, a giocare in un’arena NBA, e a confrontarsi con i migliori d’Europa. Tutto con un’idea chiara: unire le persone, come aveva sempre fatto con la moda.
Per lui la genialità non bastava: servivano sacrificio, dedizione e amore. Era questo il filo che univa il suo lavoro di designer e quello di ambasciatore del basket. E nonostante il peso degli anni, non smise mai di seguire la sua squadra, seduto al Forum o in diretta tv. “Per la prima volta in vita mia provo una felicità plateale”, disse nel 2023 per lo scudetto numero 30.
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