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Lo studio
15 Settembre 2025 - 23:25
Comprare casa è sempre più difficile, soprattutto per le nuove generazioni. Crisi economica, precarietà occupazionale e prezzi alle stelle spingono molti verso l’unica alternativa: vivere in affitto. Ma questa scelta, secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health, non è priva di conseguenze. I dati rivelano che abitare in affitto può portare a un invecchiamento biologico più rapido e marcato.
Gli studiosi hanno incrociato i dati dell’UK Household Longitudinal Study con i campioni di sangue di circa 1.500 persone. Il quadro emerso è allarmante: chi vive in una casa in affitto presenta un rischio di invecchiamento precoce quasi doppio rispetto ai disoccupati. Ancora più sorprendente il confronto con il fumo: il pericolo di invecchiare velocemente è superiore del 50% rispetto agli ex fumatori o a chi non ha mai fumato.
Gli elementi che incidono sulla salute degli affittuari sono molteplici. Tra quelli più comuni:
condizioni abitative precarie (freddo, muffa, ambienti sovraffollati);
stress psicologico e stigma sociale;
ritardi nei pagamenti del canone;
maggiore esposizione a inquinamento e problemi ambientali.
Il tutto contribuisce a creare un circolo vizioso che mina non solo il benessere fisico, ma anche la salute mentale, come confermato da ricerche precedenti. Nonostante i dati scoraggianti, c’è una buona notizia: l’effetto negativo degli affitti sulla salute può essere invertito. Secondo i ricercatori, la chiave sta nelle politiche abitative. Oggi, nella maggior parte dei Paesi europei, le norme tutelano soprattutto gli interessi dei proprietari e degli investitori, spesso a discapito degli affittuari. Un cambio di approccio — con limitazioni agli aumenti dei canoni, lo stop agli sfratti ingiustificati e un sostegno concreto alle famiglie in difficoltà — potrebbe migliorare la salute e la qualità di vita di milioni di persone.
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