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Il personaggio

Va in pensione il poliziotto di Porta Palazzo: «Ai tempi della mala avevano più rispetto»

Marco Sardellino lascia dopo 40 anni da "sbirro"

Marco Sardellino poliziotto

Marco Sardellino fra i banchi di Porta Palazzo

Marco Sardellino ha un aneddoto per ogni banco di Porta Palazzo. E in ogni angolo della piazza c’è qualcuno lo saluta: d’altronde ha passato tutta la sua carriera di poliziotto nel Commissariato Dora Vanchiglia. Praticamente 40 anni dietro a spacciatori e criminali di tutti i livelli, dagli assassini a chi contrabbandava sigarette. E intanto ha visto il quartiere cambiare sotto i suoi occhi.
«Ho iniziato il 6 gennaio 1982, come ausiliario, e ho finito il 1° maggio 2023 - ripercorre Sardellino, 60 anni d’età e 41 complessivi di lavoro (più 4 mesi) - In mezzo sono stato alla Questura di Imperia e a Peschiera del Garda. Poi 9 mesi al reparto mobile, quando si viaggiava in tre nelle pattuglie: c’era la Giulia, come oggi. Ma erano anni molto difficili per Torino e per l’Italia: la nostra sede era in corso Farini angolo Belgio, a due passi da dove venne ucciso il maresciallo Rosario Berardi. Giravamo armati fino ai denti».


Quanto è cambiato il lavoro dei poliziotti tra allora e oggi? «Il quartiere era diverso ed era diverso il nostro servizio: avevamo un posto fisso di polizia per l’antiborseggio. Porta Palazzo era uno dei mercati più grandi d’Europa: lo è ancora ma una volta si girava a spallate. E nei banchi c’erano solamente meridionali».
Sardellino li definisce «i veri malavitosi», famiglie che gestivano il traffico di sigarette: «Erano molto fiorente i clan dei catanesi e dei brindisini: le casse di contrabbando partivano dall’Albania, arrivavano a Brindisi e salivano a Torino nascoste fra le angurie. Noi davamo fastidio a questo commercio, così come ai calabresi che facevano le “truffe dell’autoradio”».

Sardellino in una foto di qualche anno fa, in divisa


Accoltellamenti, risse e litigi erano all’ordine del giorno. Così come non mancavano omicidi e overdosi causate dall’eroina, che in quegli anni era la “regina”: «Solo l’1% delle vittime dei reati veniva a denunciare. Noi, con la Squadra volanti, cercavamo di fare il nostro lavoro. Giravamo fra i bar di via Cottolengo e la gente scappava dal cortile».
Mentre parla, l’ex “sbirro” saluta tutti e indica banchi e negozi: «Il vecchio proprietario di questo posto è stato arrestato perché girava con una pistola. E là partivano le estorsioni per montare i banchi: c’era una sorta di clan, uno scandalo avviato dai nordafricani. Ora è stato debellato e forse anche loro si sono integrati». 

Solo l’1% delle vittime dei reati veniva a denunciare

Un primo piano di Sardellino oggi


Altri tempi rispetto a oggi: «Porta Palazzo si è riqualificata, c’è un altro tipo di degrado e sono rimasti solo piccoli scippi e borseggi. Ora i veri problemi sono dove regnano la droga e la mafia nigeriana: l’emergenza è il crack, sostanza sintetica che fulmina i tossicodipendenti e li fa diventare aggressivi».

Per i poliziotti è più facile? «Al contrario, è più faticoso: in dieci anni siamo scesi da 100 a 70 agenti nel Commissariato Dora Vanchiglia, anche perché non c’è più la fusione con Barriera di Milano. Giustamente, visto che oggi c’è più bisogno di uomini lì. Il vero problema è che ora combattiamo anche con i buoni». Cosa intende? «Non c’è più il rispetto per i

Il vero problema è che ora combattiamo anche con i buoni: non c'è più rispetto di una volta

poliziotti che c’era una volta: ti puntano subito il cellulare addosso, anch’io sono finito su TikTok perché mi hanno ripreso mentre bevevo un caffè».

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