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La storia
12 Luglio 2023 - 09:00
Il complesso popolare fra corso Grosseto e via Sospello
«Non scriva il mio nome altrimenti mi ammazzano: purtroppo qui la polizia non entra».
E’ racchiuso in queste poche parole il clima che si respira fra via Sospello e corso Grosseto, in questo “alveare” di case popolari in Borgo Vittoria. 622 appartamenti gestiti da Atc e «in balia del degrado», come dice qualcuno. Qui vivono alcuni dei ragazzi accusati del tentato omicidio di Mauro Glorioso, lo studente 23enne colpito alla schiena da una bici elettrica. E qui, nei giorni scorsi, sono spuntati dei cartelli per chiedere di liberarli: sono tutti in carcere, tranne la 18enne Sara Cherici, che è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.
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Proprio ieri gli avvocati hanno chiesto che i tre minorenni possano accedere alla messa alla prova, uscire dal carcere e svolgere lavori di pubblica utilità. Una richiesta bocciata dalla procura e dalla famiglia di Mauro Glorioso, che aspetta ancora delle scuse: «Sì, lo so che il papà ha detto quello in tribunale ma noi ci siamo scusati» replica proprio Sara Cherici. Direttamente con Mauro e i suoi genitori? «No, ci hanno detto che non conviene parlare con loro in questo momento».
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Infatti neanche gli altri imputati e i loro genitori si sono rivolti a Giuseppe Glorioso, presente lunedì in tribunale. Un atteggiamento che, secondo i legali e la Procura, conferma come i cinque ragazzi non abbiano capito la gravità delle loro azioni. E parte della colpa viene attribuita anche al contesto in cui sono cresciuti, un «ghetto» dove i citofoni non funzionano e i ritratti di Gesù fanno il paio sui muri con le infiltrazioni. E dove spuntano cartelli per chiedere di liberare chi é in carcere per tentato omicidio: «Sono rimasti per poco» commenta Benedetta dal balcone che si affaccia su corso Grosseto.
Lei cosa ne pensa? «Non giudico, mi spiace per la vittima ma anche per quei cinque, sono ragazzi che hanno fatto una bravata finita male». Un altro residente si schiera: «Credo che sia giusto lasciar fuori solo la ragazza». Però guai a dare la colpa al quartiere «Non facciamo di tutta l’erba un fascio: non è che crescere nelle case popolari significa diventare delinquenti» risponde una signora. Un suo vicino racconta un’altra verità, a patto di restare anonimo: «Qui è pieno di zingari, cani pericolosi e ragazzini che sono dei piccoli mafiosetti: è vero che viviamo nel degrado, sarebbe ora che qualcuno intervenisse».
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