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L'appello
05 Settembre 2023 - 10:55
"Sono il fratello di Mauro Glorioso, il ragazzo colpito da una bici ai Murazzi di Torino il 21 gennaio. Faccio questo video perché è arrivato il momento di condividere con voi il mio dolore. Il 7 settembre si terrà l'udienza preliminare nei confronti dei tre minorenni accusati del tentato omicidio di mio fratello". Inizia così il filmato divulgato sui social dal fratello di Mauro. E il dolore di cui parla non è dovuto soltanto al dramma che è costretto a vivere lo studente di medicina che è ancora ricoverato. Ma anche alla possibilità che, chi l'ha ridotto così, se la cavi con una pacca sulle spalle. "Ho compreso che c'è la possibilità che gli venga concessa la messa alla prova. Questo significa che usciranno dal carcere senza nemmeno aver chiesto scusa. E io mi chiedo: "Ma davvero può essere permesso ciò a tre ragazzi che hanno quasi ucciso mio fratello, di continuare a vivere come niente fosse?".
Nell'udienza del 10 luglio, i tre minorenni avevano parlato per ore, interrogati dai magistrati del Tribunale dei minorenni, raccontando la loro versione di quanto successo il 21 gennaio, quando hanno lanciato una bici elettrica di 23 chili e hanno colpito Mauro Glorioso, studente di Medicina che da quel giorno è paralizzato in un letto d’ospedale.
Ma i tre ragazzi, accusati del tentato omicidio dei Murazzi, hanno detto soprattutto tanti «non ricordo». Parole che hanno fatto sbottare Giuseppe Glorioso, che li ascoltava a pochi metri di distanza: «Mi aspettavo di sentire parole di rammarico - aveva detto il papà di Mauro durante l’udienza -Invece non è arrivato nulla, neanche una scusa a mio figlio». Le uniche scuse sono arrivate da una lettera che la mamma di uno dei ragazzi ha indirizzato al giudice.
Quella di luglio era l’udienza chiave del processo a carico dei tre minorenni, il 17enne Marcelo, la 16enne Denise e Francesco, di soli 15 anni. Insieme a due maggiorenni, Sara Chierici e Victor Ulinici, sono stai arrestati l’8 febbraio e da allora sono tutti in carcere, eccetto la maggiorenne Sara Cherici, ai arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. L’altra ragazza ha confessato in un foglietto: «Ho visto il telaio che ha colpito in testa quel giovane, ho urlato “scappa, corri!” e siamo fuggiti». Parole che nella scorsa udienza, durante l’interrogatorio, si è rimangiata: «Mi sono inventata tutto». Il più grande ha aggiunto: «Avevo bevuto, non ricordo niente».
I loro avvocati (Michele Ianniello, Annalisa Baratto e Domenico Peila) hanno chiesto di riqualificare il reato in lesioni gravissime, il rito abbreviato e la messa alla prova, che permetterebbe loro di uscire dal carcere e di svolgere lavori di pubblica utilità: la Corte ha chiesto un approfondimento psicologico e psichiatrico sui tre ragazzi ma ha rimandato la decisione al 7 settembre. La parte offesa si è opposta con una memoria di 40 pagine.
Contraria anche la procuratrice Avezzù: «Non ci sono minimamente i presupposti, non hanno neanche cominciato a capire cos’hanno fatto: è giusto che restino in carcere e facciano il percorso educativo che non hanno ricevuto dalle loro famiglie».
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