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L'operazione
21 Settembre 2023 - 16:29
Per un rifugio di disperati che viene chiuso, di fronte ne spunta subito un altro: è il paradosso toccato con mano intorno alle 12 di oggi, quando i poliziotti della Questura e del Commissariato San Secondo hanno effettuato un blitz in una delle fabbriche abbandonate fra la ferrovia e il cavalcavia di corso Dante. Lì, fra le vie Egeo e Montefeltro, i capannoni vuoti vengono riempiti da senzatetto che cercano un riparo dal sole o dalla pioggia. Tanto che i residenti denunciano da tempo la situazione di queste “cittadelle fantasma” dove succede di tutto.
L’ex Osi-Ghia e il vecchio Rock City, prima discoteca e poi palestra, sono stati più volte al centro delle cronache. Stabilimenti morti, almeno dal punto di vista industriale, e rinati per ospitare la paura. Qui una ex ballerina di danza è stata fatta prigioniera e stuprata per mesi da un aguzzino. Poi arrestato. E prima ancora uno straniero di 37 anni era stato salvato dalla polizia. Rapinato e seviziato per una notte intera da una gang di marocchini ubriachi.
Gli ingressi non mancano, come quello su via Montefeltro che ieri la polizia ha provveduto a murare subito dopo aver fatto uscire dieci stranieri e due italiani: erano otto uomini e quattro donne, che da chissà quanto tempo avevano trasformato quel capannone in una casa (senza finestre e con giacigli di fortuna sul pavimento).
I poliziotti li hanno portati tutti in Questura per identificarli e denunciarli per il reato di invasione di edifici. E per gli stranieri, se risulteranno irregolari in Italia, c’è anche il rischio dell’espulsione dal territorio nazionale.
La fine dell’occupazione in quella fabbrica non risolve il problema dei fantasmi che girano fra corso Dante e dintorni. Basta fare pochi metri ed entrare nell’area di fronte, cui si accede senza problemi da un cancello praticamente spalancato: dentro ci sono giacigli, sedie, tanti rifiuti e addirittura uno stendino con sopra abiti messi ad asciugare sotto la pioggia. I “proprietari” sono tre stranieri che vivolo lì dentro.
Come Aziz, algerino 50enne che vive in Italia da 30 anni. E’ diffidente ma, alla fine, decide di raccontare la sua storia: «Non ho moglie né figli, sono venuto qui per lavorare e ho fatto il muratore per tanto tempo». Poi è arrivata la droga, soprattutto eroina: «Ora campo raccogliendo scarpe per strada, che rivendo a Porta Palazzo». E vive in una fabbrica abbandonata, dove una volta c’era lavoro e oggi resta solo disperazione. Più forte degli sgomberi a pochi metri di distanza.
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