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INTERVISTA DELLA SETTIMANA
26 Novembre 2023 - 08:30
Umberto Quadrino
La rivoluzione energetica è una sfida, oltre che una necessità. E Umberto Quadrino di fronte alle sfide non si è mai tirato indietro. Lo dice il suo curriculum vitae: ha ricoperto incarichi ad alti livelli per il Gruppo Fiat, è stato amministratore delegato di Edison e oggi è presidente della Tages (il secondo operatore fotovoltaico in Italia). Quadrino è stato protagonista dello scenario imprenditoriale torinese e nazionale per tutta la sua carriera e anche in questo momento cruciale per il mondo produttivo ha le idee chiare: il passaggio all’elettrico ci sarà grazie alle rinnovabili. E all’energia solare, in particolare. «L’idrogeno? Non mi convince. È troppo caro» chiarisce l’imprenditore torinese, ospite del movimento di opinione Dumsedafè, coordinato da Piero Gola. «Nucleare idrogeno, fusione… Nulla deve essere demonizzato. Tutto va studiato» premette Quadrino e inizia a parlare di futuro, con la concretezza di chi già vede i pezzi del puzzle trovare il proprio posto.
Quadrino, sappiamo che guarda con interesse al business delle colonnine elettriche. Sono il simbolo della mobilità del futuro?
«Le sto studiando. Anche sotto il profilo dell’investimento mi sembra un tema interessante. Nei paesi che sono più avanti di noi a livello di transizione energetica, il 70-80% delle colonnine di ricarica delle auto sono posizionate nelle case, all’interno dei giardini e nei cosiddetti centri di interesse come supermercati e shopping centres. Gli attuali distributori di carburanti si trasformeranno in centri di ricarica e di servizio, e diminuiranno drasticamente di numero. Nel futuro, l’auto la ricarichi soprattutto a casa».
Parliamo ovviamente solo di auto elettriche.
«Sì certo, su questo non si discute: siamo a un punto di non ritorno sul tema della mobilità elettrica. Nessuna azienda investe più sui motori termici. Se l’Europa decidesse di fare un passo indietro si creerebbe un problema di offerta serio nei prossimi anni».
L’obiettivo al 2030 è quello di ridurre al 55% le emissioni. È fattibile secondo lei?
«Per realizzare un obiettivo così ambizioso dobbiamo elettrificare molti settori dell’economia: dai trasporti al riscaldamento e raffrescamento degli edifici, ai processi industriali. E la crescita della domanda elettrica dovrà essere soddisfatta dalle rinnovabili. Quindi, nei prossimi dieci anni, dovremmo investire in rinnovabili nove volte tanto quanto abbiamo investito nei dieci anni trascorsi».
È corretto parlare di rivoluzione energetica?
«Se riusciremo a fare tutto questo, allora potremo parlare di rivoluzione energetica. Sostanzialmente cambieremo il modo di produrre l’energia di cui abbiamo bisogno. L’obiettivo è quello di arrivare a emissioni 0 nel 2050. E la strada da fare è ancora molta. Ma dobbiamo cambiare narrazione: facciamo questa rivoluzione non solo per ridurre le emissioni di Co2, ma per ridurre il costo dell’energia, perché oggi le rinnovabili rappresentano di gran lunga il modo più a basso costo per produrre energia rispetto a tutte le altre fonti fossili o nucleari. E per ridurre la dipendenza dalle importazioni di prodotti petroliferi da aree politicamente problematiche».
C’è un problema di cambiamento climatico da affrontare, ma è sufficiente per spingere l’economia a un cambiamento così radicale?
«Non credo. Ci sono aree del mondo molto sensibili a questo tema, come l’Europa, ad esempio, ma non vale per tutti. Come al solito a vincere sarà il mercato, che spingerà a scegliere le fonti energetiche a minor costo. E questa è la grande novità: le rinnovabili sono diventate la fonte a minor costo. Per questo sono ottimista sul successo della lotta al cambiamento climatico: conviene anche economicamente».
Ci spieghi.
«Per risolvere il “tri lemma” della politica energetica, dobbiamo rispondere a tre aspetti del problema: cambiamento climatico, geopolitica e costi energetici. Negli ultimi anni, inaspettatamente, tutto sembra convergere verso le rinnovabili. Il sole e il vento non si importano e questo risponde alle questioni di natura geopolitica, la materia prima non si paga, e questo ovviamente è un bel vantaggio. E poi si tratta di fonti che incidono positivamente sul cambiamento climatico».
Il grande difetto delle rinnovabili è la loro “non programmabilità”. È possibile pensare a un mondo che va avanti solo con questo tipo di energia?
«No, io non credo. Il sistema ha bisogno di stabilizzatori, come le batterie. Ci sarà un’ondata di investimenti sulle batterie di accumulo. Ma saranno sicuramente necessarie anche altri fonti complementari alle rinnovabili: nucleare di nuova generazione, fusione, idrogeno, anche le nostre attuali turbine a gas alimentate da biometano verde».
Dobbiamo immaginare una sorta di “mix energetico”?
«Sì, se avessimo un sistema basato unicamente sulle rinnovabili dovremmo produrre in maniera ridondante rispetto alla domanda, acculando l’eccesso di produzione per bilanciare il sistema nelle ore in cui non c’è sole, o vento. Ci deve sempre essere una parte di economica che si appoggia ad altre fonti».
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E il nucleare che ruolo gioca in questa trasformazione?
«Il nucleare ha avuto una storia molto sfortunata, specie dopo l’attacco suicida delle Torri Gemelle. Da allora si è iniziato a temere che le centrali potessero essere obiettivi sensibili e si è incrementato a dismisura il sistema di sicurezza».
Le centrali di nuova generazione potrebbero essere parte della soluzione?
«Si stanno progettando nuove centrali di minori dimensione e con sistemi di “sicurezza intrinseca”, che fermino la reazione nucleare se si verifica un incidente. In ogni caso, il nuovo nucleare ha un orizzonte di realizzabilità da qui a 10-15 anni. Forse si realizzerà tra il 2035 e il 2040»
C’è sempre l’idrogeno.
«Non credo molto nell’idrogeno. Si produce attraverso l’elettrolisi e il bilancio energetico complessivo alla fine è problematico. Il costo di produzione e di trasporto è elevato e il bilancio energetico risulta negativo».
Il mondo dell’auto sta già cambiando molto velocemente. Ma sembra non sia sufficiente.
«Oggi i trasporti sono per il 2% elettrici, secondo in piani dell’Ue dovremmo arrivare all’80%. E dal 2035 non sarà più possibile vendere in Europa auto con i motori termici. È una trasformazione ad altissimo impatto. La risposta è nelle rinnovabili».
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