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gli anni di piombo

"Lady Br" e l'infiltrato di Dalla Chiesa: i casi irrisolti del terrorismo a Torino

Report svela retroscena su Aldo Moro. Ma quanti misteri in Piemonte...

Dopo le nuove verità su Aldo Moro, i "cold case" in Piemonte durante gli anni di piombo (nei tondini Mara Cagol e Dalla Chiesa)

Dopo le nuove verità su Aldo Moro, i "cold case" in Piemonte durante gli anni di piombo (nei tondini Mara Cagol e Dalla Chiesa)

Trecento persone. A tanto ammonta il debito di sangue che Torino ha pagato negli anni di piombo. Un decennio e più di terrorismo sotto la Mole fatto di omicidi, ferimenti, rapimenti e processi. Ma anche di misteri irrisolti, come quello di Marco Donat-Cattin. Membro di Prima linea, figlio del ministro Carlo Donat-Cattin e responsabile di diversi omicidi, riuscì per un certo periodo a riparare in Francia. Chi lo aiutò nella fuga? Il pentito Roberto Sandalo raccontò che l’allora premier Cossiga (lo stesso che avrebbe saputo della morte di Aldo Moro prima del suo ritrovamento) avrebbe consigliato al vice segretario Dc che «è meglio se tuo figlio va all’estero». Marco Donat-Cattin venne poi arrestato e morì in un incidente stradale anni dopo, nel 1988.

Avvolta nel mistero è poi la fine di Mara Cagol (moglie del fondatore delle Br, Renato Curcio) uccisa nel 1975 in una sparatoria in provincia di Alessandria dove morì anche il carabiniere Giovanni D’Alfonso. Il tutto, durante il sequestro ad opera dei brigatisti dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia. Curcio sostenne che Mara Cagol si era arresa ed era stata uccisa a sangue freddo. Due anni fa la Procura di Torino aveva riaperto il caso, anche perché ai tempi, uno dei brigatisti era riuscito a fuggire in circostanze misteriose. Chi? Per i pm l’uomo del mistero era Lauro Azzolini, che però sulla stessa vicenda era già stato prosciolto più di trent’anni fa. Insomma una morte, quella di Mara Cagol, circondata ancora da ombre.

E che dire allora di Patrizio Peci, il primo pentito delle Br? Per anni molti ex brigatisti hanno sostenuto che Peci non fosse un vero terrorista, bensì un infiltrato del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nell’organizzazione.

Misteri e ombre di un periodo, gli anni di piombo, che a Torino conosce bene Antonio Rinaudo, 40 anni da pm in trincea a combattere il terrore. «Quella matrice terroristica per fortuna oggi non c’è più - afferma Rinaudo -. A preoccupare, al massimo, sono i gruppi anarchico-insurrezionalisti». Come i seguaci di Alfredo Cospito, ad esempio, che a marzo devastarono il centro città durante una manifestazione. «Il terrorismo - prosegue l’ex pm - era legato a una società italiana che oggi non esiste più. Il caso Donat-Cattin? Premetto che seguivo le Br e non Prima linea, ma è logico che la prima figura a cui gli inquirenti hanno pensato era quella del padre, che era un uomo importante. Tuttavia, da qui a fare ricostruzioni “fantasiose” o a incolpare qualcuno ce ne vuole». In quegli anni, la Procura di Torino aveva come capo Bruno Caccia. Anche lui fu ucciso, non dai terroristi, come inizialmente si era pensato, ma dalla ‘ndrangheta. «La Procura ai tempi di Caccia era diversa da quella di oggi. Migliore? Di certo Caccia - conclude Rinaudo - e i suoi uomini non si sarebbero mai fatti mettere i piedi in testa da nessuno. Credo che abbiano fatto tutto quello che c’era da fare per sconfiggere il terrorismo. Riaprire, oggi, casi di oltre 40 anni fa, lo trovo poco sensato».

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