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Il Risiko dell'Automotive

Stop dell'Europa alle auto cinesi, ma alcuni costruttori dicono no: ecco perché

Le misure anti-dumping dividono i produttori e Mercedes si schiera contro Stellantis

Stop dell'Europa alle auto cinesi, ma alcuni costruttori dicono no: ecco perché

Un nuovo fronte si apre nel mondo dell'automotive. E riguarda il freno che L'Europa ha deciso di porre all'import di auto elettriche cinesi, ma i produttori si dividono. Divisioni strategiche dovute non solo a questioni produttive o di vendite, ma anche di alleanze e sinergie, un autentico Risiko dell'auto che, però, guarda anche con attenzione alle prossime elezioni europee. Cerchiamo di capire.

Il contesto è quello che parte da un fatto estremamente semplice: i sussidi del governo di Pechino ai costruttori cinesi per esportare in Europa. Veicoli low cost, che invadono i mercati europei, sottraendo quote di mercato ai produttori europei. I i veicoli elettrici cinesi sono soggetti così, dal 7 marzo scorso, a una registrazione doganale speciale da parte della Commissione Europea. Questa mossa, che potrebbe portare a nuove misure protezionistiche a favore dei produttori europei, ha generato la protesta della Cina.



He Yadong, portavoce del ministero del Commercio di Pechino, ha espresso preoccupazione per l'applicazione di nuovi dazi, sostenendo che questi avrebbero soltanto "conseguenze negative sul commercio di veicoli elettrici e sugli interessi dei consumatori europei".

Ma la situazione non è così semplice. Alcuni produttori europei, come Mercedes e Volkswagen, che hanno un forte legame con il mercato cinese, non vedono di buon occhio queste misure. Ola Kallenius, presidente del Consiglio d'amministrazione di Mercedes-Benz Group, ha chiesto all'UE di desistere da queste idee protezionistiche, pur sottolineando la necessità di condizioni di "maggiore parità", visto che al momento le Case europee sono soggette a dazi tra il 15% e il 25% quando esportano le loro vetture in Cina. Ragion per cui, come la stessa Mercedes o BMW che ha sinergie con Great Wall Motor, si cerca di produrre direttamente in Oriente. Voolvo, con Polestar, ha un hub di produzione in Cina, infatti.

I veicoli cinesi al momento sono soggetti a un dazio del 10%, in attesa delle nuove misure anti-dumping. La Cina è però il maggiore esportatore al mondo di autoveicoli e l'Europa rappresenta il 47% delle esportazioni totali. Il fronte europeo, per Pechino, ha segnato un aumento del 11% su base mensile da ottobre 2023.

Tuttavia, non tutti i produttori europei la pensano allo stesso modo. Stellantis e Renault, che hanno interessi minori in Cina rispetto ai loro rivali tedeschi, sono più favorevoli a misure protezionistiche. Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, ha sostenuto più volte che l'industria automobilistica europea potrebbe essere spazzata via dalla concorrenza cinese (ma la stessa Stellantis ha una joint venture con Leapmotor sia per il mercato cinese, sia per pensare a una produzione in Europa, magari a Mirafiori).

La Cina non sta a guardare. BYD, uno dei colossi dell'automotive cinese, ha già annunciato che dal 2026 costruirà veicoli anche in Ungheria. E non è l'unica. Chery Automobile sta cercando siti produttivi in Europa, e come raccontato nei giorni passati sono in corso trattative con il governo italiano per attrarre il nuovo stabilimento sul territorio.



In questo scenario complesso e in continua evoluzione, una cosa è certa: l'industria automobilistica si trova di fronte a una nuova sfida, in cui il protezionismo e la concorrenza globale giocano un ruolo chiave. E anche le prossime elezioni europee: un cambio di guida del governo europeo, secondo molti analisti, porterebbe anche a un allentamento delle severe direttive con obiettivo 2035 e l'abolizione del motore termico.

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