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Il retroscena
19 Marzo 2024 - 17:26
Carlos Tavares come Gianni Agnelli. Il CEO di Stellantis non vuole essere solo l'uomo delle strategie industriali, o della visione che sta dando al Gruppo, ma vuole essere l'ispiratore anche "politico". E parte proprio da quello che era uno dei motti più celebri dell'Avvocato - anche se forse la frase era di Valletta -, ossia che ciò che è bene per la Fiat è bene per l'Italia. E vale per Stellantis. Vediamo nel dettaglio.
"Noi non abbiamo paura della sfida cinese - ha detto Tavares -, ma indebolire Stellantis in Italia non aiuterebbe l'Italia". Una frase pesante, che sembra indirizzata verso la strategia del governo e del ministro Urso di attrarre un secondo grande costruttore nel Paese. Le trattative sono con i cinesi di Chery Automobile, ma anche i giapponesi di Toyota e gli americani di Tesla. Cosa accadrebbe se arrivasse uno di questi produttori? "Il mercato - oggi siamo i leader con il 33% - sarebbe più frammentato, non aumenterebbe in dimensione né in produzione. La battaglia vera sarebbe sui costi. Un produttore cinese assemblerebbe automobili utilizzando fornitori cinesi".
La domanda che viene posta a Tavares, parafrasando Agnelli, è se Stellantis faccia anche gli interessi dell'Italia, oltre che i propri (e piuttosto bene, come dimostrano i dati finanziari dell'anno passato). Tavares risponde che c'è un "cambiamento che dobbiamo mettere in atto per assicurare la sostenibilità del gruppo e delle nostre le attività in Italia. Tutti sanno che Stellantis poggia su tre pilastri storici per crescere. L’Italia è un pilastro con Fiat. Gli Stati Uniti sono un altro pilastro con Chrysler. E Francia è un altro pilastro con Peugeot". Dunque l'obiettivo è "essere in linea con quanto è richiesto dai rispettivi governi. Voglio ricordare, però, che le decisioni che stiamo prendendo sono una conseguenza delle scelte del Parlamento europeo".
"Dobbiamo gestire una transizione che non abbiamo deciso noi - spiega Tavares al Sole-24Ore -. E la stiamo mettendo in atto. Credo, quindi, che Gianni Agnelli avesse assolutamente ragione: l’interesse dell’azienda è l’interesse dell’Italia e viceversa".
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