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VENERDÌ SANTO

Pasqua, l'appello di monsignor Repole contro le guerre

Una cattedrale gremita per l’omelia del vescovo prima della tradizionale Via Crucis

Pasqua, l'appello di monsignor Repole contro le guerre

ROBERTO REPOLE

La Cattedrale di San Giovanni Battista è gremita per la celebrazione della Passione di Gesù Cristo nel Venerdì Santo della Chiesa Cattolica. Il momento, forse, più solenne in cui l’arcivescovo Roberto Repole si rivolge alla comunità dei fedeli e alla città, innanzitutto, rispetto alle guerre in corso. «Se non è cresciuta una scorza che fa da filtro alla profondità dei nostri cuori possiamo leggere migliaia di volte il racconto della passione di Cristo ma non ne usciremo mai indenni, rendendoci conto che questo dice qualcosa sulla profondità della nostra vita» attacca Repole, per il quale la Passione del Cristo è «una narrazione capace di rimettere luce sulle nostre ferite e vulnerabilità ma anche sulle nostre storie sbagliate ed i nostri peccati».

Però, emerge anche «la parte più vergine e bella di noi, quella che è capace di compassione ed empatia, soprattutto quando l’altro vive l’ingiustizia in condizione di amarezza e sofferenza» continua l’arcivescovo, che ha da poco rilanciato un forte richiamo anche sulle istanze del lavoro a Torino. In particolare su Stellantis.

«Se poi pensiamo che questo è il racconto della passione e della morte del nostro signore allora diventiamo consapevoli della capacità che questo ha di illuminare le croci e le storie della terra. Anche ciò che non si vede dietro le croci e le storie della terra. E non possiamo ascoltarlo oggi senza pensare alle croci inflitte dalle guerre che ci sono al mondo. Riceviamo quotidianamente immagini, notizie e statistiche dal fronte ma la guerra in realtà altro non è è una moglie che perde un marito, un figlio che perde un padre, genitori che perdono figli, uomini che muoiono per la stupidità e la violenza umana»

«La morte di Gesù - ha proseguito poi - riesce a mostrar tutte queste croci e da dove nascono. Dall’incapacità che abbiamo noi uomini di vedere l’altro. Di permettere all’altro di esistere con la sua diversità. Nel risentimento e nella rabbia che possiamo percepire verso gli altri, nel desiderio di vendetta. E fa luce anche sul nostro quotidiano. Ad esempio sugli incontri che facciamo: mi colpisce sempre quando incontro uno sguardo o un volto mi trovo a pensare alla sofferenza e alle ferite che vi si nascondono dietro. Vedere chiunque e scorgere tutta la storia di dolore e ingiustizia che c’è dietro un volto. Tante volte da prete mi ha commosso e colpito vedere che ci sono molte persone che hanno vissuto dolori e amarezza così intense da non trovare parole per raccontarle, a volte restano solo le lacrime».

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