In quelle notti di ghiaccio quando il termometro segnava 35 gradi sotto zero, i cani da slitta riposavano vicini alle tende e non c’era altra forma di vita per chilometri, tanti pensieri affollavano la mente di Roberto Nada. L’uomo che ha portato lo stemma di Torino tra i ghiacci del Nord. «Nonostante io abbia una certa dimestichezza con gli ambienti naturali ostili, è stata un’esperienza davvero forte. L’esposizione a un freddo così acuto, per così tanti giorni consecutivi è qualcosa di inimmaginabile» racconta l’esploratore di ritorno dalla spedizione nelle regioni artiche della Scandinavia. Con un Dna da scienziato e l’anima dell’uomo di mare, Nada ha preso parte alla tradizionale missione della Fjällräven Polar 2024, che ha compiuto un percorso di 300 chilometri tra Svezia e Norvegia. Su oltre 30mila candidati provenienti da tutto il mondo, solo in 20 sono partiti per mettesi alla prova in un ambiente ostile per l’uomo e la sua sopravvivenza. Roberto era l’unico italiano.
«Sembrava di essere su un altro pianeta» racconta, ripercorrendo i momenti più emozionanti della spedizione. «Tutto intorno si vedevano solo colline basse ricoperte di ghiaccio e neve. Non c’era alcuna forma di vita. La maggior parte degli animali era in letargo; mentre volpi, lupi e renne erano scesi più a Sud». In quelle condizioni, anche le azioni apparentemente più semplici apparivano come delle sfide. Come uscire dal sacco a pelo al mattina e mettersi le scarpe. O far bollire l’acqua. «Ogni volta che la slitta si fermava, ad esempio, occorreva procurarsi acqua da bere e per cucinare. Prima però ci hanno insegnato a pensare ai cani» ricorda e racconta di un rapporto unico e speciale che si crea durante le missioni con gli animali impegnati a trainare le slitte. «Sono creature intelligentissime e portano con sé la saggezza più profonda del Grande Nord» fa sapere Nada e assicura che non c’è alcun tipo di sfruttamento dietro l’attività dei cani. «Per loro tirare la slitta è una specie di gioco. Amano correre. La difficoltà vera è fermarli», scherza.
Unico italiano all’interno del gruppo, con i suoi 61 anni Roberto era anche il più anziano della comitiva, ci racconta con una punta di orgoglio. «L’età media si aggirava intorno ai 25-23 anni. Ci davano da mangiare dei pasti con un contenuto calorico pari a 4.500 calorie al giorno. E nonostante questo sono tornato dimagrito» fa sapere. «Lo sforzo che viene richiesto è enorme. Anche guidare la slitta non è semplice come si potrebbe immaginare. Richiede molta forza e concentrazione. Poi in salita sono gli stessi cani che si aspettano che gli umani scendano per spingere». A ripagarlo di tutte le fatiche e le difficoltà c’erano cieli limpidi di giorno e i colori dell’Aurora Boreale di notte. «Penso che chi si muove in ambienti estremi abbia il dovere morale di raccontare ciò che lo circonda» conclude Nada e porta a casa anche il ringraziamento del sindaco Lo Russo per aver portato Torino così in alto. «È davvero un orgoglio vedere un torinese protagonista di un così grande viaggio» commenta il primo cittadino.
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