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Esposito, Lotti e le “Storie dall’inferno”: «Io, vittima di una vera gogna mediatica»

L’ex senatore del Pd parla del suo passato al centro di un’indagine per traffico di influenze illecite

Luca Lotti e Stefano Esposito

Luca Lotti e Stefano Esposito

Torna a parlare in pubblico l’ex senatore del Pd Stefano Esposito, dopo un calvario durato anni che lo ha visto prima al centro di un’indagine per traffico di influenze illecite, dichiarata nulla a causa di intercettazioni illegittime, e poi coinvolto come testimone nell’inchiesta su Salvatore Gallo per il caso Sitaf-’ndrangheta, che denunciò per primo nel 2013 a seguito delle segnalazioni di alcuni imprenditori.

Lo ha fatto nella sua Torino, presso il Collegio Artigianelli di corso Palestro, insieme all’ex ministro dello Sport Luca Lotti, a sua volta ingiustamente accusato di favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio in un’inchiesta su appalti Consip. Vere e proprie “Storie dall’inferno”, come sono state definite dai due ex esponenti del Partito Democratico, raccontate durante un evento omonimo di fronte a una sala gremita, finalmente in presenza dopo così tanti anni di attesa.

«Niente campagna elettorale», ha voluto precisare Esposito, e dunque niente riferimenti alle elezioni o all’attuale situazione politica, ma solo un tuffo nel passato recente, per far comprendere ai cittadini come inchieste simili possano rovinare vite, tra gogne pubbliche e danni all’immagine, senza risanare tutte le cicatrici dopo l’assoluzione. «Dopo le accuse di corruzione nessuno mi chiamò, nessuno mi chiese una spiegazione - ricorda Esposito - non cerco vendetta per quanto accaduto, ma quegli anni non me li darà indietro nessuno».

L'ex senatore del Pd, Stefano Esposito

Stesso sentimento condiviso da Lotti, che anche con il nome ripulito, non può dimenticare quanto accaduto nel lunghissimo periodo che ha preceduto l’assoluzione. «Assolto perché il fatto non sussiste - ricorda Lotti, citando la decisione finale del Tribunale di Roma sul processo Consip - sette anni fa scoprivo sui giornali di essere indagato, e venni attaccato per l’intera durata del mio mandato, ancora prima della sentenza». Un evento contro la pratica del giustizialismo, ancora operata da molti, nonostante le sue «rovinose» conseguenze.

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