Nell’era dell’Italian Sounding - diventata d'attualità di recente fra Alfa Romeo Milano e Fiat Topolino nello scontro fra Stellantis e il governo, uno dei simboli più sacri della nostra tradizione gastronomica viene profanato: la pasta. Ma non una pasta qualsiasi, bensì quella tricolore, tanto osannata nei duty free e negli autogrill quanto disprezzata dai veri intenditori. A scendere in campo con un’analisi pungente è lo chef torinese Davide Scabin, una stella Michelin con il ristorante Carignano, da anni impegnato nella battaglia contro le contraffazioni alimentari.
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Dal Summer Fancy Food Show di New York, evento commerciale di riferimento per le specialità alimentari, Scabin non l'ha toccata piano: "Non può essere questo il nostro biglietto da visita. In nessuna casa degli italiani si cuoce questa pasta e non si trova normalmente in commercio se non nei posti deputati al turismo". Parole forti che risuonano come un'accusa non solo contro la mediocrità del prodotto, ma anche contro un sistema che svende la nostra cultura culinaria.
Il problema non risiede nei colori naturali usati da alcuni seri pastifici italiani, ma nella qualità scadente e nel prezzo esorbitante di questo prodotto venduto ai turisti. "Ho pagato in aeroporto un pacco di farfalle tricolori 6,90 euro per 250g, quasi 28 euro al Kg. Neanche la pasta di più alta fascia usata negli stellati arriva a costare al kg quanto questa" denuncia Scabin. Un paradosso che stride con l'eccellenza che dovremmo promuovere.
La pasta tricolore e multiforme, secondo Scabin, "non ci rappresenta né come cultura alimentare, né come gusto, né come rapporto qualità-prezzo". Una presa di posizione che punta il dito contro una pratica che, a suo dire, mortifica l'italianità proprio nei luoghi dove dovrebbe essere celebrata. Non è un caso che questa battaglia contro l’Italian Sounding abbia un peso economico non indifferente: secondo un rapporto European House-Ambrosetti e la piattaforma Teha Club, il fenomeno vale 98 miliardi di euro, una cifra che, se eliminata, potrebbe portare l'export agroalimentare italiano a ben 126 miliardi di euro.
Scabin conclude con un appello accorato: "Serve un'azione concreta per arginare questa forma di Italian Sounding culturale che ci auto-infliggiamo in casa nostra". Un invito rivolto non solo ai produttori e ai consumatori, ma anche alle istituzioni, affinché si facciano promotrici di un autentico made in Italy, capace di difendere la nostra identità culinaria dagli assalti del kitsch e del turismo di massa.
A questo punto ce lo si chiede: voi comprate questa pasta? E vi piace? Diteci che ne pensate, utilizzando i commenti sotto questo articolo oppure scrivendoci sui nostri canali social.