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SANITA' E APPROFONDIMENTI
15 Novembre 2024 - 16:11
Simone Baldovino
Oltre 55.000 persone in Piemonte vivono con una malattia rara, e nonostante il nome ingannevole, questo numero non è affatto esiguo. È un esercito invisibile che, proprio come le malattie che affronta, chiede di essere visto, ascoltato, e, soprattutto, curato. L’obiettivo che la Regione si è posta non è solo quello di fare diagnosi, ma di rendere le cure una realtà accessibile, innovativa, e soprattutto a misura di paziente. Questo è il messaggio che è emerso dall'evento “La gestione delle Malattie Rare in Regione Piemonte”, un convegno che ha riunito a Torino istituzioni, clinici, esperti, e rappresentanti delle associazioni per gettare uno sguardo nel futuro di chi combatte contro queste patologie. La sfida? Fare delle best practice piemontesi un modello per tutta Italia. E forse anche oltre.
Vittoria Nallo
Mentre nel resto del mondo le malattie rare continuano a essere un campo minato di incertezze, il Piemonte ha deciso di costruire una mappa solida, che possa tracciare la strada per una sanità più inclusiva e accessibile. Come spiega Simone Baldovino, responsabile del Servizio Coordinamento Malattie Rare, “la transizione dall’età pediatrica all’età adulta è una delle fasi più critiche per il paziente, ma anche una delle più trascurate.
Per questo la Regione ha già adottato una normativa che facilita questo passaggio cruciale. Tradotto: non lasciamo nessuno indietro, e soprattutto, non lasciamo che l’assistenza si interrompa solo perché si cambia il numero di carta d’identità. Se nel 2021 le schede di malattia rare registrate erano 43mila, oggi siamo già a quota 55.397, con un incremento di 3.500 casi solo nell'ultimo anno. “L’importante è che i pazienti possano essere presi in carico vicino a casa”, prosegue Baldovino. E non parliamo di un ospedale in ogni paesino, ma di una rete territoriale che sappia accogliere ogni necessità con un’attenzione mirata e costante.
Uno dei temi più discussi è la mobilità passiva: quel fenomeno che vede i pazienti “scappare” verso altre regioni o addirittura all’estero alla ricerca di cure migliori. Ma non siamo più nel Medioevo: il Piemonte ha già fatto passi da gigante.
L'assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, ha ribadito l'impegno della Regione Piemonte nel superare le criticità che ostacolano l'efficacia degli screening sanitari e della gestione delle malattie rare. Riboldi ha sottolineato come la Regione stia lavorando su vari fronti, dalla riforma del piano sociosanitario all'edilizia sanitaria, ma non intenda trascurare le eccellenze già esistenti, come la Rete per le Malattie Rare del Piemonte e della Valle d'Aosta, pionieristica a livello nazionale.
Il tema centrale è la tecnologia, in particolare la telemedicina. "In una regione come il Piemonte, a bassa urbanizzazione e con una contrazione del personale, potenziare la telemedicina è cruciale per facilitare l'accesso alle cure", ha dichiarato Riboldi. L'assessore ha anche annunciato l'intenzione di portare in Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome l'attuazione completa del piano nazionale delle malattie rare, previsto dal 2005. Infine, Riboldi ha ribadito che le malattie rare dovranno essere incluse nel lavoro del gruppo coordinato dal direttore del DAIRI, Antonio Maconi, sugli IRCCS piemontesi, per identificare le eccellenze che potrebbero ottenere il riconoscimento nazionale.
Il presidente della Commissione Bilancio, Roberto Ravello, annuncia con orgoglio che grazie a un lavoro continuo, la mobilità passiva è scesa da 55 a 8 milioni. Come? “Innanzitutto facendo conoscere le nostre eccellenze”, risponde Ravello, che sottolinea anche l’importanza dell’innovazione tecnologica per portare l’assistenza nelle aree più remote. Non più una sanità “di nicchia”, ma una medicina che arrivi ovunque, persino nelle montagne più isolate. In un contesto così, il ruolo della politica diventa cruciale. I consiglieri regionali presenti all’evento hanno mostrato una rara coesione, impegnandosi tutti a portare avanti leggi e progetti concreti.
La consigliera Vittoria Nallo, per esempio, ha sottolineato l’importanza di estendere gli screening neonatali per diagnosticare precocemente molte malattie rare. Tra le malattie rare più insidiose c’è l’amiloidosi cardiaca da transtiretina, che interessa circa 200 pazienti in Piemonte, e che ha visto un vero e proprio boom negli ultimi anni. Sebbene la prevalenza sia bassa (0,46% nella fascia di età tra 65 e 90 anni), i numeri stanno crescendo.
La sfida, raccontata dal professor Walter Grosso Marra, direttore della Cardiologia di Ivrea, è duplice: garantire l’accesso alle terapie innovative e rendere equo l'accesso alle diagnosi. “Bisogna definire percorsi diagnostici multidisciplinari, considerando ogni singolo paziente nella sua unicità”, spiega il professore. Un altro esempio di come il Piemonte, da terra di confine, stia diventando terreno fertile per l’innovazione in ambito medico.
Ma l’obiettivo finale è un altro: fare in modo che tutti i pazienti, in tutte le regioni, possano godere dello stesso livello di assistenza e accesso alla diagnosi. “Abbiamo bisogno di un sistema sanitario che garantisca l’accesso a una diagnosi tempestiva e a trattamenti appropriati su tutto il territorio nazionale”, sottolinea Rita Treglia, referente di Motore Sanità. Per riuscirci, è necessario accelerare l’implementazione del Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR), un documento che, se attuato correttamente, potrebbe rivoluzionare completamente l’assistenza sanitaria per i pazienti rari.
Siamo lontani dal tanto celebrato “modello italiano”, ma il Piemonte sta dimostrando che con l’impegno giusto, la collaborazione tra istituzioni e associazioni, e un pizzico di buona politica, si può davvero fare la differenza. Non si tratta solo di “curare”, ma di prendersi cura delle persone in modo integrato, olistico, e, soprattutto, umano. Un sistema sanitario che non lascia nessuno indietro, che non chiude gli occhi di fronte alle difficoltà, ma le trasforma in opportunità.
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