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Serial Killer: fascino e orrore del "Mostro Che Non Esiste"

Cos’è che ci affascina tanto dei serial killer? Chi sono davvero questi assassini che lasciano una scia di sangue e paura? A Torino, al convegno “CriminalMente”, il criminologo Sergio Caruso, ha risposto a queste domande che, spesso, non osiamo nemmeno formulare

Serial Killer: fascino e orrore del "Mostro Che Non Esiste"

Maurizio Minghella è stato condannato a un ergastolo per l'omicidio di Tina Motoc, ma il suo crimine era solo uno di una serie terribile: 10 omicidi tra il 1997 e il 2001 a Torino

Cos’è che ci affascina tanto dei serial killer? Chi sono davvero questi assassini che lasciano una scia di sangue e paura? A Torino, al convegno “CriminalMente”, il criminologo Sergio Caruso, una delle massime autorità in Italia, ha risposto a queste domande che, spesso, non osiamo nemmeno formulare. Caruso, docente nei più prestigiosi master universitari di Criminologia e consulente in casi di cronaca che hanno segnato l’opinione pubblica, ha subito smontato un mito radicato: “Il mostro non esiste”. Secondo il criminologo, nessuno si sveglia una mattina e decide, su due piedi, di compiere una strage.

SERGIO CARUSO

C’è un percorso, una storia, spesso nascosta, che plasma il profilo di un assassino seriale. Ma come distinguerlo da un "semplice" omicida? La distinzione principale, spiega Caruso, risiede nel modus operandi e nella scelta delle vittime. Per definizione, un serial killer è colui che ha ucciso almeno tre persone, seguendo un preciso rituale e una predilezione per il tipo di vittime. Non si tratta solo di uccidere; si parla di un impulso, che li spinge a selezionare, ad adescare, a ingannare le vittime attraverso un processo che gli esperti definiscono "grooming". È l’anticipazione dell’atto violento, infatti, a stimolare maggiormente questi individui: per loro, il piacere risiede in un gioco psicologico che culmina con la cattura della vittima. Ma, alla base di tutto, ciò che li rende inquietanti è il loro bisogno di essere riconosciuti. Anche i più astuti, prima o poi, cercano consapevolmente di lasciare tracce, di farsi scoprire, come se il “gioco” senza testimoni non avesse più valore.

GIANCARLO GIUDICE

Noi, loro, gli altri
Cosa ci spinge a confrontarci con il lato più oscuro dell’umanità? Chi ne trae beneficio, e perché? Spesso ci confortiamo in una visione netta di ciò che è “normale” e “diverso”, separando noi dagli altri, ignorando che queste categorie siano tutt’altro che solide. Come sostiene Caruso, “ciò che ci sfugge è cosa si cela sotto la superficie di una persona. Scavare per trovare risposte non è semplice, ma serve a capire quanto siano labili i confini della normalità”. Ma non è naturale soffermarsi su questa complessità. Più facile, invece, è lasciarsi andare alle reazioni istintive, quelle che ci fanno provare attrazione per storie violente e macabre. Caruso non ha dubbi: è un impulso antico, quasi primitivo. “Siamo nati dal sangue, e al sangue siamo attratti. È un istinto atavico, un richiamo alle epoche in cui l’orrore era quotidiano”. Un’idea affascinante e spaventosa, che risveglia il subconscio più profondo.

John Wayne Gacy: Il “Killer Clown”
John Wayne Gacy, conosciuto come il "Killer Clown", ha rapito, torturato, violentato e ucciso 33 adolescenti maschi tra il 1972 e il 1978, seppellendo la maggior parte dei corpi sotto la sua casa, persino nelle fondamenta di un barbecue in giardino. La maschera da clown, con cui intratteneva bambini alle feste, gli valse il soprannome, ma la sua doppia vita lo rese insospettabile ai più. Il sorriso e il trucco nascondevano un orrore impensabile: Gacy era socievole, marito e padre di famiglia. Dopo 14 anni nel braccio della morte, fu giustiziato con un’iniezione letale nel 1994. Gacy ha lasciato un segno tale nell’immaginario collettivo da ispirare personaggi inquietanti come quello del clown protagonista di “It”.

Maurizio Minghella: La lunga scia di sangue
Maurizio Minghella è stato condannato a un ergastolo per l'omicidio di Tina Motoc, ma il suo crimine era solo uno di una serie terribile: 10 omicidi tra il 1997 e il 2001 a Torino, compiuti durante il periodo di semilibertà dopo una condanna per altre cinque vittime a Genova nel 1978. Figlio di un padre alcolista che lo abusava e di una madre impotente di fronte alle violenze, Minghella proiettò la propria sofferenza su donne vulnerabili. Le sue vittime, tutte prostitute, venivano attaccate brutalmente, come per vendicare un passato di umiliazione e dolore che non è mai riuscito a elaborare.

Giancarlo Giudice: Un odio riflesso
Giancarlo Giudice, nato e cresciuto a Torino, ha passato la giovinezza tra collegi e strade difficili. Figlio di un padre alcolista e di una madre malata, uccise nove prostitute, tra il 1983 e il 1986, strangolate o ammazzate a colpi di pistola. Secondo lui, quelle donne erano sporche e vecchie, come la matrigna che odiava, e per questo meritavano di morire. Giudice fu dichiarato infermo di mente e oggi vive in libertà con una nuova identità.

Beverley Allitt: L’angelo della morte
Beverley Allitt, infermiera pediatrica britannica, ha trasformato la cura dei bambini in un incubo. In meno di due mesi, nel 1991, uccise quattro bambini e ne aggredì altri nove, manifestando un chiaro disturbo di Munchausen per procura, che la spingeva a simulare malattie per attirare compassione. La sua posizione di infermiera le permise di avvicinarsi alle piccole vittime senza destare sospetti, ma alla fine venne processata e condannata a tredici ergastoli.

Gaetana Stimoli: La vendetta cieca
Era il 1985 quando Gaetana Stimoli, una donna della provincia di Catania, scioccò l’Italia per aver avvelenato 23 bambini, convinti con dei dolci a seguirla. Aveva perso due figli e riteneva che la loro morte fosse frutto di una maledizione. Per vendicarli, avvelenò i figli degli altri con vino e acido fosforico. Molti bambini riuscirono a tornare a casa, ma vennero ricoverati con dolori insopportabili e persero la vita tra atroci sofferenze. Stimoli rappresenta un caso emblematico della distorsione psicologica che il dolore può causare, quando l’odio è rivolto verso innocenti per un male inspiegabile.

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