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Villa Glicini, riqualificazione al palo. La soprintendenza ha fermato i lavori

Futuro ancora incerto per la storica sede del Club Scherma Torino dopo la revoca dell'autorizzazione dalla Soprintendenza

villa glicini

L'ingresso di Villa Glicini al parco del Valentino

Una piscina con mattonelle divelte e rotte, manto erboso incolto, spogliatoi volontariamente trascurati, lì dove doveva nascere un nuovo e rigenerato impianto sportivo con ben 6 campi da padel. È questa oggi la fotografia di Villa Glicini. Congelata dal 2021 per via di un progetto che ancora non si capisce se realizzabile o meno.
«Ce lo stiamo chiedendo anche noi», è l’ammissione di ieri degli uffici comunali sullo stato del progetto che in 14 mesi avrebbe dovuto dare nuova vita alla storica casa del Club Scherma Torino di viale Ceppi. L’ex impianto sportivo interno al Parco del Valentino e gestito da CS Torino dal 1954 al 2021 - quando l'ha “restituita” alla Città - così, sembra avere ancora un destino incerto. 

Nonostante la vittoria nel 2021 del bando di gara della società Scherma Italia SSD con la promessa di portare nel sito ben sei nuovi campi padel - dopo un via vai di ricorsi con CST -, i lavori di fatto non sono mai partiti. “Rea” la rettifica del decreto autorizzativo da parte della Soprintendenza delle Belle Arti la quale, in sostanza, dopo un anno ha revocato il suo placet, rendendo necessaria la revisione in toto della documentazione di progetto.

«Si è intuito così che il piano poteva non rispondere alle esigenze di tutela architettonica e paesaggistica, e che forse sarebbe stato necessario modificarne delle parti», hanno spiegato gli uffici nel corso dell’approfondimento richiesto dal vicecapogruppo FI Domenico Garcea e del capogruppo Torino Libero Pensiero Pino Iannò ieri pomeriggio.

«La documentazione presentata allora è corretta o no?», ha incalzato Garcea. La risposta ufficiosa sembra essere no. Quella ufficiale dell’assessore agli Impianti sportivi Mimmo Carretta è invece che «oggi è necessario prevedere interventi urgenti che non erano stati presi in considerazione prima», e che, «il rincorrersi di norme rende difficile la vita di chi prende il bene in concessione».

Restano poi le preoccupazioni per il rischio impasse burocratico: il bando avrebbe infatti più che sestuplicato l’affitto del luogo (da 12 a 89mila euro più iva, secondo gli uffici, ndr). «Ma se si dovesse dare il no a procedere Scherma Italia potrebbe chiedere danno erariale?», è la domanda aperta della capogruppo FI Federica Scanderebech.

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