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Il ritratto
01 Dicembre 2024 - 22:25
Se ne va con almeno 100 milioni di euro di “liquidazione” Carlos Tavares, il manager più pagato al mondo nel settore automotive. Quella cifra, assieme a un pacchetto azionario, era filtrata quando si parlava di possibili dimissioni anticipate, nel corso del 2025, del manager portoghese. Cifra mai smentita da Stellantis.
Gli ultimi dati, relativi al 2023, parlavano di 26 milioni di euro di retribuzione per Tavares, ma i calcoli basati anche su “premi di produzione” e altri bonus avrebbero portato questa cifra almeno a 36 milioni di euro. Un top manager, assoluto, un ingegnere portoghese di nascita ma francese di formazione, pilota di rally, ma anche contadino, con la sua tenuta in Portogallo. Per alcuni è un visionario implacabile, per altri un tagliatore di teste, capace di garantire profitti da record ai suoi azionisti (per il 2024 la promessa in Stellantis era di 7 miliardi di euro). I sindacati americani chiedevano da tempo la sua testa. Sempre negli Usa c’è anche una class action di azionisti che lo accusano di aver nascosto la realtà disastrosa dei conti resi noti a giugno. Negli incontri con la stampa, Tavares non si sottrae ad alcuna domanda, al limite risponde con la sua visione, o alza le spalle sorridendo dicendo «non sono un mago».
Per i primi anni di Stellantis la strategia (al netto di tagli di circa il 15% della forza lavoro a livello globale), la stessa con cui aveva risanato Peugeot quando era alla testa di Psa, comunque, ha funzionato: i profitti (e i dividendi) sono aumentati. Sessantasei anni, portoghese di nascita e come detto francese di formazione (la madre era insegnante di francese, il padre lavorava per una assicurazione parigina), al punto di essersi trasferito in Francia a 17 anni per studiare al Lycée Pierre de Fermat di Tolosa, laureandosi poi ingegneria all'Ecole Centrale di Parigi, Carlos Antunes Tavares vive prevalentemente in Portogallo dove ha una fattoria in cui coltiva olive e produce vino Porto. Non fuma, dorme poco, non tollera le riunioni che durano oltre mezz'ora, e si dedica molto all'attività sportiva. Sposato e padre di tre figlie (nonno di quattro nipoti), è anche un pilota. Una passione nata a 14 anni, vedendo le gare all'Estoril, e proseguita in pista: la sua prima auto da gara è stata un'Alfasud Sprint del 1978. Ha partecipato al Rally di Montecarlo su una Lancia Stratos, ha vinto la classe A2 della 24 Ore di Barcellona con una Peugeot RCZ Cup, e colleziona auto d'epoca. Ha una propria scuderia, la Clementeam Racing, dal nome della prima delle tre figlie, Clementine. Di recente ha indossato la tuta per presentare in versione rally l'Alfa Romeo Junior e anche per il debutto della nuova Lancia Ypsilon 4HF. Sostiene di saper riconoscere un'auto dal rumore del motore e di saperle anche riparare.
La sua visione, ribadita più volte, è quella di una mobilità pulita, per migliorare il mondo e sconfiggere il cambiamento climatico: «Lo faccio per i miei quattro nipoti, voglio che sappiano che il loro nonno fa qualcosa per migliorare il mondo futuro». Ora, di fronte alla crisi e le richieste di modificare le regole europee, è stato l’unico a opporsi, tagliando produzione e vendite, però. Alleandosi con i cinesi di Leapmotor per cavalcare il loro successo. Diceva che il prossimo anno avrebbe lasciato, «avrò 67 anni, una buona età per la pensione. E lo devo a mia moglie». Forse non immaginava sarebbe avvenuto così.
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