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LO STUDIO
04 Dicembre 2024 - 06:00
Che cos’hanno in comune le persone che raggiungono il secolo di vita? Forse non è solo la buona sorte o la dieta mediterranea, ma un vero e proprio codice genetico che li rende “speciali”. È questo ciò che stanno cercando di scoprire i ricercatori della Boston University Chobanian & Avedisian School of Medicine, che hanno dato il via a un progetto incredibile: una banca genetica dei centenari. L’obiettivo? Svelare se nel Dna di chi vive tanto, davvero tanto, si nascondano quei segreti che potrebbero garantirci una vita più lunga e sana.
La ricerca parte da una constatazione semplice ma complessa: trovare persone che abbiano raggiunto i 100 anni non è affatto facile. Ecco perché raccogliere il loro materiale genetico e metterlo a disposizione della comunità scientifica potrebbe essere la chiave per scoprire come prevenire malattie legate all’età, come il morbo di Alzheimer. E non si tratta di una ricerca da laboratorio chiuso, ma di un’opportunità concreta per capire come potremmo vivere meglio, e più a lungo, grazie ai segreti del nostro Dna.
I centenari non sono solo fortunati. Non è solo una questione di stili di vita o di buona salute. Le persone che superano il secolo, secondo i ricercatori, sembrano avere un corredo genetico capace di proteggerli dalle malattie. George Murphy, biologo delle cellule staminali, cita il caso di un centenario che ha superato non una, ma ben due pandemie: l’influenza spagnola del 1918 e, più recentemente, il COVID-19. Non è un caso, dice Murphy, è una questione di genetica, una protezione naturale contro le malattie che colpiscono la maggior parte di noi con l’avanzare dell’età.
Per questo motivo, la Boston University ha avviato una vera e propria “caccia al tesoro” tra i centenari. I ricercatori hanno già raccolto campioni di sangue da persone che hanno superato i 100 anni, e da questi campioni hanno estratto cellule staminali. Ma non si tratta di staminali comuni: quelle derivate dai centenari vengono riportate a uno stato “giovane”, pluripotente, cioè in grado di trasformarsi in qualsiasi cellula del corpo. Il che significa che possono essere studiate per capire come il loro codice genetico sia diverso dal nostro, e cosa rende i loro corpi più resistenti alle malattie.
Già i primi esperimenti stanno dando risultati interessanti. I ricercatori hanno creato dei neuroni da queste cellule e li hanno osservati mentre producevano proteine di alta qualità, un aspetto che normalmente peggiora con l’età, favorendo lo sviluppo di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. E non finisce qui. Un altro gruppo di ricerca ha creato dei modelli cerebrali 3D utilizzando le cellule cerebrali prelevate dai centenari, scoprendo che questi modelli avevano livelli di geni protettivi contro l’Alzheimer molto più alti rispetto a quelli ottenuti da persone più giovani.
Cosa significa tutto questo? Che il Dna dei centenari potrebbe contenere informazioni vitali per prevenire malattie legate all’invecchiamento, e che i risultati di questi studi potrebbero cambiare il nostro futuro. Condividere questi dati con altri centri di ricerca significa accelerare il processo e aprire a soluzioni terapeutiche che, se confermate, potrebbero non solo allungare la vita, ma migliorarne anche la qualità.
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