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Torino, scoperto un nuovo gene che provoca l'Alzheimer

Elisa Rubino, ricercatrice delle Molinette, illustra lo studio che potrebbe rivoluzionare tutto

Torino, scoperto un nuovo gene che provoca l'Alzheimer

Torino, scoperto un nuovo gene che provoca l'Alzheimer

Un passo avanti straordinario nella ricerca sull'Alzheimer arriva da Torino, dove un team di scienziati ha identificato un nuovo gene coinvolto nella malattia, aprendo a nuove possibilità per la diagnosi e il trattamento. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Alzheimer’s Research & Therapy, riguarda il gene GRIN2C, che si aggiunge alla lista dei fattori genetici legati a questa patologia devastante.

La malattia di Alzheimer, principale causa di deficit cognitivi gravi, rappresenta una delle sfide più urgenti per la sanità globale. La sua origine è il risultato di un intreccio complesso tra fattori genetici ed ambientali, come ipertensione, obesità, diabete e isolamento sociale, che accelerano la formazione di due proteine tossiche nel cervello, la beta amiloide e la tau, responsabili della neurodegenerazione.

La ricerca torinese, guidata dalla dottoressa Elisa Rubino, ricercatrice presso il Centro per la Malattia di Alzheimer dell’ospedale Molinette, ha studiato per anni una famiglia italiana colpita da una forma di Alzheimer ad esordio senile. Analizzando il patrimonio genetico dei membri della famiglia, il gruppo ha scoperto che la malattia era causata da mutazioni nel gene GRIN2C. Questo gene produce una subunità del recettore NMDA, il canale principale per il glutammato, il neurotrasmettitore che regola l’eccitabilità dei neuroni.

Quando il glutammato interagisce con il recettore NMDA, un canale si apre, permettendo l’ingresso di ioni calcio. Se questa stimolazione diventa eccessiva, i neuroni si eccitano in modo anomalo, con conseguente morte cellulare. Grazie alla collaborazione con ricercatori di altre università italiane, il team ha potuto dimostrare gli effetti devastanti di questa mutazione in modelli cellulari. Un aspetto interessante della ricerca è che i pazienti portatori della mutazione avevano mostrato, prima dei sintomi cognitivi tipici dell'Alzheimer, segni di disturbi dell’umore, come depressione, suggerendo che questi potrebbero essere segnali precoci della malattia.

ELISA RUBINO

"Questa scoperta cambia il paradigma nella comprensione della malattia di Alzheimer", commenta il professor Innocenzo Rainero, direttore del Centro per la Malattia di Alzheimer di Torino, che aveva già contribuito nel 1995 alla scoperta del gene PSEN1. "Fino ad oggi, le mutazioni genetiche erano conosciute principalmente per forme presenili, ora possiamo ipotizzare che anche mutazioni rare in età senile possano essere coinvolte nella patologia."

Nonostante GRIN2C rappresenti una causa rara della malattia, il vero valore di questa ricerca è la conferma che i meccanismi di eccitotossicità – l’eccessiva stimolazione dei neuroni – possano giocare un ruolo centrale nello sviluppo dell’Alzheimer. La dottoressa Rubino sottolinea l'importanza di sviluppare farmaci che possano ridurre l’eccitotossicità cerebrale per rallentare la progressione della malattia. "Una scoperta che dimostra ancora una volta come la Sanità piemontese riesca a unire eccellenza assistenziale e ricerca scientifica", commenta l'assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi.

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