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Sanità
01 Febbraio 2025 - 08:00
Qual è il prezzo della sicurezza quando si parla di nascite? In Piemonte, la questione dei punti nascita è tornata al centro del dibattito, sollevando interrogativi su come bilanciare la sicurezza delle madri e dei neonati con la necessità di mantenere servizi accessibili sul territorio. Il recente allarme lanciato da Vito Trojano, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), ha riacceso i riflettori su un problema che si trascina da anni: la chiusura dei punti nascita che registrano meno di 500 parti annui.
Prof. Vito Trojano, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO)
"I punti nascita a basso volume non garantiscono sicurezza", ha dichiarato Trojano, spiegando, come riporta LoSpiffero, che le strutture con meno di 500 parti annui non offrono un'esperienza clinica sufficiente per affrontare situazioni di emergenza. Nei piccoli ospedali, il personale medico ha meno occasioni per formarsi adeguatamente e mantenere le competenze necessarie, aumentando così i rischi per madre e bambino.
La questione non è nuova. Già nel 2010, un accordo tra le regioni e il governo aveva fissato linee guida per la chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti, con alcune deroghe per aree geograficamente complesse. Tuttavia, queste deroghe sono spesso diventate la norma, alimentate dalla pressione delle amministrazioni locali e della popolazione, che vedono la chiusura di questi servizi come una perdita inaccettabile.
In Piemonte, la situazione è particolarmente complessa. La regione ospita l'ospedale Sant'Anna di Torino, che vanta il record italiano di nascite con quasi 6.000 parti annui, ma anche strutture come l'ospedale di Domodossola, dove si contano meno di 100 nascite all'anno. Dieci anni fa, la regione ha chiuso diversi punti nascita, superando la media nazionale di sale parto con più di 500 casi annui. Tuttavia, la denatalità crescente e la carenza di personale medico continuano a mettere a rischio la sostenibilità di questi servizi.
Un recente rapporto dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha evidenziato il problema: in Piemonte, diverse strutture sono al di sotto della soglia critica, tra cui Verbania (474 parti), Chieri (430), Vercelli (392), Casale Monferrato (279) e Domodossola (77). In alcuni casi, per garantire un minimo di sicurezza, le autorità sanitarie hanno adottato soluzioni temporanee come la rotazione del personale tra più ospedali.
Chiara Benedetto, docente di Ostetricia e Ginecologia all'Università di Torino, sottolinea come "la sicurezza della paziente e del bambino debba essere la priorità assoluta". Per questo, è essenziale una rete ospedaliera integrata, basata su un sistema hub & spoke, che permetta di gestire le emergenze con risorse adeguate.
Chiara Benedetto, docente di Ostetricia e Ginecologia all'Università di Torino
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