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Il Borghese
07 Aprile 2025 - 06:30
Porta Susa è una stazione dall’architettura modernissima, efficiente - i treni passano, i numeri dei passeggeri sono alti -, persino autosufficiente energeticamente grazie ai pannelli solari sul tetto, ma ai suoi viaggiatori in attesa offre al massimo un caffè e i tramezzini confezionati dei distributori self service. L’aeroporto di Caselle si fregia della dicitura “Internazionale”, ma poi se vuoi raggiungere la città non hai neppure il “trenino” locale che fa più fermate di un accelerato, quando le capitali straniere hanno linee dirette dallo scalo alla città. Per Caselle è un problema che almeno in parte si risolverà in tre mesi (hai detto niente), per Porta Susa ci si prova da anni.
Un progetto da 79 milioni di euro, una tripla inaugurazione con le maggiori cariche dello Stato disponibili, nel 2013, l’idea che dovesse a breve sostituire addirittura Porta Nuova, come stazione principale di Torino, grazie a una galleria commerciale nuova di zecca. Invece, a distanza di anni, a Porta Susa ha chiuso anche l’unica edicola... E i generi di conforto per i viaggiatori in attesa sono limitati a due bar. E queste sono situazioni degne di una città che vuole attirare i turisti?
La città, peraltro, con le sue istituzioni può solo osservare e, qualche volta, alzare la voce: ma le stazioni dipendono dalle ferrovie, di fatto, e l’aeroporto è gestito da una società privata (posseduta da un’altra holding dove, andando ancora indietro, trovi fondi di investimento e banche) cui ricavi e dividendi, evidentemente, stanno bene. Per Porta Susa, cattedrale nel deserto condannata da un paio di crisi globali, una pandemia e un eccesso di ottimismo, ci si può solo augurare che qualche investitore (da Intesa Sanpaolo lì vicino a Newcleo che vuole farci un grattacielo) decida che è utile. Allora, improvvisamente, i burocrati di Stato si sveglieranno (forse).
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