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Il Borghese
09 Aprile 2025 - 05:50
Nel 1956 a Mirafiori si produceva la Fiat 600, quella che aveva avviato la motorizzazione di massa dell’Italia e di lì a poco sarebbe arrivata la Fiat 500. Quindi, sarebbe una buona notizia se la situazione di Mirafiori di oggi fosse paragonabile a quella di allora: ma in comune con il 1956 abbiamo solo i numeri (bassi, drammaticamente bassi oggi) e il curioso paradosso che anche oggi è in arrivo di una 500 (la nuova ibrida, per cui in queste settimane la fabbrica è chiusa per allestire le linee).
Il report della Fim-Cisl ci dice sostanzialmente quel che diceva a gennaio, sui dati produttivi del 2024. Il gigante torinese non è ancora ripartito, ma questo lo sapeva chiunque riesca a separare il cieco ottimismo dalla pianificazione industriale. La tempesta dazi, peraltro, non aiuta proprio per niente un settore già di suo massacrato da scelte più politiche che finanziarie.
Ma il vero colpo al made in Italy potrebbe arrivare non appena la tempesta a stelle e strisce si placherà: e riguarda Alfa Romeo e Maserati, sempre più vicine a una cessione.
Stellantis ha infatti incaricato la società di consulenza McKinsey & Co di tracciare profilo e valutazioni dei due brand, al momento riunito sotto la guida di un solo CEO, il torinese Santo Ficili. Nelle valutazioni c’è una parte relativa a eventuali joint venture con altri marchi, il che significherebbe - quasi certamente per Maserati - uno spin-off, ossia la separazione da Stellantis. Maserati, che già ha la produzione ai minimi (solo 70 auto a Mirafiori in tre mesi), dipende per il 35-40% dal mercato americano, come vendite. Dunque l’esposizione ai dazi è altissima. Il piano di rilancio esiste solo nelle intenzioni. E dello spin-off o della (sempre negata) cessione si parla da tempo. Ferrari su separata da FCA e fu la mossa azzeccatissima di Sergio Marchionne. Ma Ferrari aveva un credito che per Maserati è stato dissipato. Sì, davvero fosse come nel 1956...
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