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Assistenza sanitaria
02 Maggio 2025 - 09:15
In Piemonte invecchiare e aver bisogno di assistenza può trasformarsi in una condanna. Per quasi 24 mila cittadini non autosufficienti, ottenere le cure necessarie non è un diritto garantito, ma una speranza appesa a liste d’attesa interminabili e a decisioni politiche che tardano ad arrivare. Si tratta di persone già in possesso di una certificazione di non autosufficienza, valutate dalle unità di valutazione geriatrica (Uvg) delle Asl, che hanno definito per loro un percorso assistenziale – domiciliare, semiresidenziale o in struttura – ma che resta, di fatto, inattuato.
14.500 anziani piemontesi sono in attesa di un progetto di domiciliarità, mentre oltre 9.300 aspettano un posto in Rsa. Nell’Asl Città di Torino si registrano oltre 6 mila richieste di assistenza domiciliare e più di 1.800 per il ricovero in struttura. Le Asl To3 e To4 contano ciascuna più di 3 mila casi; le aziende sanitarie di Alessandria, Cuneo e To5 ne contano circa 1.500 a testa, mentre le altre si attestano attorno al migliaio. L’unica eccezione è l’Asl del VCO, con poco meno di 400 persone in attesa.
Non si tratta di un fenomeno nuovo. Al 9 febbraio 2021, le persone in lista erano già 19.145, segno che l’aumento è stato netto e continuo. L’incremento, spiegano gli esperti, non è solo effetto dell’invecchiamento della popolazione, ma riflette in gran parte le carenze croniche del sistema sanitario regionale.
Dal fronte dell’opposizione, la consigliera regionale del Partito Democratico Monica Canalis ha attribuito la responsabilità di questa situazione alla Regione, che – secondo la sua analisi – non avrebbe attivato un numero sufficiente di convenzioni nelle Rsa né un numero adeguato di progetti domiciliari. Ha sottolineato come, dei 32.976 posti letto accreditati a dicembre 2024 nelle residenze sanitarie assistenziali, soltanto 15 mila risultino effettivamente convenzionati, ovvero con la metà della retta finanziata dal Servizio Sanitario Regionale. Secondo Canalis, questa carenza di copertura rappresenterebbe un ostacolo insormontabile per molte famiglie e avrebbe come effetto la permanenza prolungata di persone in gravi condizioni in una sorta di limbo assistenziale.
Dall’altro lato, l’assessore al Welfare Maurizio Marrone ha respinto le accuse, sottolineando che – al netto dei ricoveri temporanei – gli urgenti definitivi ancora in attesa di una convenzione sarebbero 1.125. Marrone ha evidenziato gli investimenti effettuati dal governo regionale, ricordando che da due anni vengono erogati 3.500 voucher per i cittadini ospitati in Rsa e altrettanti per quelli che usufruiscono di assistenza domiciliare. Ha aggiunto che la giunta ha deliberato la proroga di tali misure fino al 2026, definendolo uno sforzo senza precedenti. Marrone ha anche fatto notare come nel 2019 il governo Chiamparino avesse chiuso l’anno con 265 milioni di euro destinati alle convenzioni, mentre l’attuale giunta ha superato i 310 milioni.
Nel frattempo, l’assessore alla Sanità Federico Riboldi ha annunciato la presentazione di un nuovo piano sociosanitario, che dovrebbe rappresentare una svolta radicale nel sistema sanitario piemontese. Tuttavia, rimane forte il dubbio che un semplice piano, seppur ambizioso, possa da solo risolvere una crisi che affonda le radici in anni di disinvestimenti e problemi strutturali.
Per migliaia di piemontesi fragili, la quotidianità resta segnata dall’attesa, dalla frustrazione e da una sensazione di abbandono. In un sistema in cui la garanzia delle cure sembra essere subordinata alla disponibilità economica, l’invecchiamento si trasforma in un percorso a ostacoli. E il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione, resta per molti solo sulla carta.
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