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Salone del Libro
06 Giugno 2025 - 10:00
L'affluenza al Salone del 2024
«Quel luogo senza interventi non è più adeguato. Mirafiori, o dove volete. Purché ci iniziamo a ragionare. Le parole di Giuli? Stupito della polemica. La nostra è solo una questione di governance». Silvio Viale, presidente dell’associazione Torino, la Città del libro, appena chiusa la XXXVII edizione del Salone Internazionale del Libro, ha risposto ai due punti più dolenti di questa edizione ieri pomeriggio, in commissione Cultura.
Il primo: lo spazio, Lingotto Fiere, da anni, come ammesso dagli organizzatori - soprattutto dopo l’ultimo, costoso, rinnovo contrattuale, da 650mila euro annui di affitto - «non all’altezza». Rispetto all’anno scorso, infatti, i numeri continuano a crescere: acquisiti circa 9mila visitatori - 231mila totali - e 200 espositori - in tutto 997 - entro lo stesso perimetro di 137mila metri quadri, in cui quest’anno è stato “ricavato” tra i padiglioni 3 e 4 il Bookstock: lo spazio dedicato alle scuole. E da anni Viale non fa mistero del fatto che Lingotto Fiere stia stretto, non solo in termini di spazio, ma anche di logistica. L’ulteriore crescita, così, appare complessa senza un cambio di sede. E se da una parte si parla di vendita - i francesi di Gl Events chiedono 40 milioni, mentre dalla Regione si può arrivare appena alla metà. Dall’altra si fa strada l’ipotesi di «utilizzare spazi abbandonati della città, come Mirafiori», avanzata dal consigliere di Torino Bellissima Pierlucio Firrao, ma anch'essa già nell'aria. Uno potrebbe essere l’area “MRF Industrial Hub” di corso Settembrini, oltre 300mila mq entro il progetto TNE-Torino Nuova Economia (società partecipata da Regione, Città e Stellantis) per riqualificare le ex aree dismesse di Mirafiori. Il tema spazi era stato affrontato anche dal sindaco Stefano Lo Russo qualche settimana fa: «Occorre pensare a come lavorare per fornire al Salone maggiori opportunità. Sono certo - aveva affermato - che troveremo una soluzione efficace». «Dove volete, purché se ne inizi a ragionare», ribadisce Viale, che già lo scorso anno invitava a trovare un luogo adeguato «al più presto e in modo definitivo».
Il secondo “tasto dolente” dell’edizione riguarda, invece, la cosiddetta governance, che si inserisce in una serie di botta e risposta a tre, in cui, suo malgrado Viale si trova al centro. Quello tra il ministro della Cultura Alessandro Giuli e il sindaco di Torino. Lo Russo, infatti, aveva fatto da sponda a Viale, il quale, pur accogliendo con favore l’ipotesi di un aumento del contributo ministeriale a valle del Salone, aveva chiarito come, data la gestione privata, non si potessero «accettare ingerenze». Da qui, si era levata la risposta dai toni poco pacati di Giuli: «Trovo singolare che alcuni sindaci vengano in trasferta e, ottenute le promesse, insignoriscano». «Non rispondiamo al Ministero, ma sul tema della governance. Finché il Salone è di nostra proprietà resta nostra la governance. Vorrei chiarire - ha aggiunto ieri Viale - che ci siamo dovuti comprare il Salone perché stavamo perdendo tutte le nostre economie. La nostra relazione con gli enti pubblici è figlia di questo». Resta un legittimo dubbio: cosa comporterebbe per l'evento l’aumento del contributo del Governo?
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