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09 Giugno 2025 - 13:20
Convegno con focus sull'ipoparatiroidismo
L’ipoparatiroidismo è una malattia endocrina rara, causata da una ridotta o assente secrezione dell’ormone paratiroideo (PTH) da parte delle ghiandole paratiroidi. Questo deficit provoca alterazioni nei livelli di calcio e fosforo nel sangue, con effetti potenzialmente sistemici. In Italia, si stima che la patologia interessi tra 10.000 e 15.000 persone, con una prevalenza compresa tra 6,4 e 37 casi ogni 100.000 abitanti e un’incidenza tra 0,8 e 2,3 nuovi casi ogni 100.000 abitanti all’anno. In Piemonte risultano circa 800 pazienti in carico ai centri di riferimento, e quasi la metà sarebbe potenzialmente idonea a trattamenti farmacologici innovativi.
Secondo quanto emerso durante il convegno “Innovazione organizzativa nei percorsi di diagnosi, cura, follow-up. Focus on Ipoparatiroidismo: REGIONE PIEMONTE”, organizzato da Motore Sanità con il supporto non condizionato di Ascendis Pharma, la gestione dell’ipoparatiroidismo presenta ancora criticità significative. Tra queste: diagnosi tardive, mancanza di coordinamento tra specialisti e difficoltà nei percorsi di presa in carico e follow-up.
I sintomi variano da manifestazioni lievi (formicolio, crampi muscolari) a complicazioni più serie, come tetania, convulsioni, nefrolitiasi, cataratta e aritmie. Secondo dati nazionali, oltre 3.000 ricoveri ospedalieri l’anno sono attribuibili a complicanze acute della malattia, con una degenza media di circa 7 giorni.
Come indicato dal prof. Gianluca Aimaretti, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia, le forme più comuni sono post-chirurgiche, seguite da varianti autoimmuni. La patologia è più frequente tra le donne e in soggetti giovani adulti, nella fascia tra 30 e 40 anni. Il trattamento attualmente in uso consiste in una terapia sostitutiva orale con calcio e vitamina D attiva, che non ripristina il deficit ormonale e può causare ipercalciuria e calcificazioni extrascheletriche a lungo termine.
La ricerca farmacologica ha recentemente introdotto terapie sostitutive del PTH, in grado di replicare l’attività fisiologica dell’ormone e di migliorare la stabilità dei livelli di calcio. Alcuni dei nuovi approcci comprendono forme di PTH a lunga durata d’azione, agonisti del recettore del PTH e calciolitici, alcuni dei quali sono ancora in fase di sperimentazione clinica. Secondo la prof.ssa Emanuela Arvat dell’Università degli Studi di Torino, una parte significativa dei pazienti continua a manifestare sintomi non controllati nonostante la terapia convenzionale, con impatti rilevanti sulla richiesta di prestazioni sanitarie e sull’impiego di risorse.
L’adozione di queste terapie innovative sarà condizionata non solo dai risultati di efficacia clinica e tollerabilità, ma anche da valutazioni di costo-beneficio, che avranno un ruolo determinante nell’eventuale inclusione nei percorsi terapeutici regionali. L’ipoparatiroidismo, pur essendo una patologia rara, comporta un impegno gestionale significativo che richiede modelli di presa in carico integrati, aggiornamento dei protocolli e maggiore uniformità nelle cure.
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