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Sanità

Scade il contratto dei “gettonisti”: rischio paralisi nei nostri ospedali

Assessorato al lavoro «per rinnovarne il minor numero possibile senza chiudere i reparti»

Scade il contratto dei “gettonisti”: rischio paralisi nei nostri ospedali

Il 31 luglio. È questa la data cerchiata in rosso sul calendario di medici, infermieri, direttori sanitari e assessore alla Sanità. Perché quel giorno, ormai non tanto lontano, scadranno i contratti dei cosiddetti gettonisti, come da decreto del 17 giugno 2024. Professionisti pagati, appunto, a gettone senza i quali i nostri pronto soccorso molto semplicemente non potrebbero neanche aprire. L’allarme lo ha lanciato il Simeu, la Società italiana di medicina di emergenza e urgenza, e coinvolge il Piemonte in primis perché la nostra regione ha il “record” dell’affidamento a personale esterno. In alcuni casi, come avviene per l’Azienda Sanitaria Locale di Alessandria, si arriva all’80%. Senza di loro innesto, quindi, il rischio è la paralisi. L’equilibrio è complesso, soprattutto se - a poco più di un mese dal loro scadere - non si hanno cifre ufficiali su quanti siano i contratti da rinnovare. «Siamo al lavoro per rinnovarne il meno possibile senza chiudere i reparti», spiega l’assessore Federico Riboldi. L’obiettivo, quindi, sembra arrivare alla soglia del “tanto quanto basta” per scongiurare la paralisi dei servizi di primo soccorso, impedendone il tracollo estivo.


Ma i “gettonisti” «non sono il demonio. Anzi, oggi servono, è questa la verità. Capisco che non vada bene, ma ci stiamo lavorando». Così il presidente della Regione Alberto Cirio a margine della condivisione dell’Agenda Sanità regionale.

Ieri mattina, all’ospedale pediatrico Regina Margherita, il presidente, insieme all’assessore, ha commentato gli ultimi dati provenienti dal report Anac - Autorità anti corruzione -, che vedono il Piemonte in testa alla classifica delle regioni per spesa nei medici “a chiamata” - 115 milioni di euro, quasi un quarto del totale nazionale, di poco meno di mezzo miliardo -. «Ci dicono che spendiamo più della Lombardia (110 milioni, ndr), ma perché facciamo di più», dice Cirio un po’ stizzito.

Certo è che, sebbene non vada demonizzata, l’esternalizzazione dei medici porta con sé un elevato onere per le amministrazioni - si arriva anche a 1.200 euro per turno -, in cambio di servizi non adeguati, commenta il presidente di Anac, Giuseppe Busia. «Indubbio che sia un tema da affrontare - afferma Riboldi -, motivo per cui c’è un Tavolo coordinato da Franca Dall’Occo, direttore generale del Mauriziano». «Entro fine anno l’obiettivo è abbassarne l’incidenza complessiva del 25%. In alcuni casi, come l’Asl Al, arrivando anche al 40%. Per farlo ci vuole un buon mix di capacità manageriale ed empatia».

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