Assenza di tutela, mancanza di ogni tipo di garanzia operativa e un senso di totale abbandono. È l’immagine drammatica che emerge dalla lettera inviata da Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al capo della polizia Vittorio Pisani, chiedendo maggior interventi delle forze dell'ordine in quella che sta diventando una situazione di emergenza. Un grido d’allarme dopo l’ennesimo episodio di violenza avvenuto lo scorso 10 luglio all’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, in corso Svizzera, nel reparto SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura).
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Durante il turno, una psichiatra si è trovata ad affrontare un paziente in stato di forte agitazione, con atteggiamenti apertamente aggressivi verso personale e degenti. Inizialmente è stato richiesto l'intervento della vigilanza interna che, vista la situazione di pericolo, ha segnalato la situazione alla polizia, ma gli agenti – riferiscono i sindacalisti Chiara Rivetti e Pierino Di Silverio – si sono rifiutati di entrare nel reparto, sostenendo che la gestione del caso dovesse spettare ai sanitari, visto il disagio fisico dei pazienti. Dopo una lunga trattativa e grazie all’intervento del personale terapeutico, il paziente si è calmato.
«Questa volta è andata bene. Ma cosa aspettiamo, il morto?», scrivono i medici. «Affermare che la polizia non debba entrare nei reparti è una forma di abbandono istituzionale», attaccano i medici. «In nessun altro ambito lavorativo si lascerebbe un professionista solo davanti a una persona potenzialmente pericolosa».
«Il protocollo d’intesa tra enti sanitari e autorità non è operativo e non coinvolge formalmente la questura, e soprattutto, non disciplina le situazioni di violenza all’interno dei reparti». «Anche dopo contatti telefonici con i funzionari, nulla è cambiato», denunciano i medici.
Il sindacato chiede un intervento diretto del ministro Piantedosi, affinché le forze dell’ordine siano obbligate a intervenire anche nei reparti psichiatrici. «Se nessuno interviene, nessun'altro vorrà più lavorare in psichiatria», concludono. «La sicurezza non è un premio, ma è un diritto».