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Il caso
17 Luglio 2025 - 15:24
Un nuovo capitolo del Dieselgate si apre con conseguenze potenzialmente pesanti per Stellantis. La Procura di Parigi ha ufficialmente chiesto il rinvio a giudizio di Fca, oggi parte integrante del gruppo, con l'accusa di truffa aggravata legata alla vendita di veicoli diesel non conformi alle normative ambientali europee. La vicenda riguarda circa 38.144 veicoli venduti tra il 2014 e il 2017, principalmente modelli Fiat 500X, Alfa Romeo e Jeep, equipaggiati con motori Multijet II. Secondo l’accusa, questi propulsori sarebbero stati programmati per rispettare i limiti di emissione solo durante i test di laboratorio, mentre durante la guida reale avrebbero emesso quantità di ossidi di azoto (NOx) ben superiori ai limiti previsti.
Una pratica che, secondo il ministero pubblico francese, avrebbe avuto impatti significativi sull’ambiente e sulla salute pubblica, oltre a configurare una frode nei confronti dei consumatori. Le accuse si basano su un dettagliato rapporto della Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi (Dgccrf), che già nel 2017 denunciava una «strategia globale» di elusione dei test di omologazione da parte di Fca.
Secondo l’avvocato Frederik-Karel Canoy, che rappresenta le parti civili e ha promosso le prime denunce nel 2017, la vendita dei veicoli coinvolti avrebbe generato per Fca un fatturato illecito di circa 836 milioni di euro. Canoy chiede ora una «riparazione integrale e non simbolica» a favore degli acquirenti ingannati. Un’eventuale condanna potrebbe dunque comportare risarcimenti milionari, aggiungendosi al precedente del 2019 negli Stati Uniti, dove Fiat-Chrysler ha accettato di versare 515 milioni di dollari per chiudere un caso simile senza arrivare al processo.
Dal canto suo, Stellantis respinge ogni accusa. L’avvocato del gruppo, Alexis Gublin, ha dichiarato che l’azienda «contesta integralmente l’impianto giuridico» dell’accusa e si prepara a difendersi «con forza». Il gruppo ribadisce che tutti i veicoli commercializzati rispettavano le normative vigenti al momento della vendita. Tuttavia, le indagini hanno messo in luce un sistema di gestione del motore che ottimizzava le emissioni esclusivamente durante i cicli di test ufficiali, analogamente – anche se meno esplicitamente – al caso emblematico di Volkswagen, aprendo la porta a una lettura giuridica che potrebbe pesare nelle aule di tribunale.
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