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La svolta di Stellantis
23 Luglio 2025 - 12:50
Dopo Giga Panda e Panda Fastback, arriva anche un pick up? Nel progetto della Famiglia Panda di Fiat c'è anche quello. E come gli altri due modelli derivati dalla Grande Panda potrebbe sbarcare in Africa, a Kenitra, nel grande stabilimento che a regime produrrà e conterà quanto tutte le fabbriche italiane messe assieme (se qualcuna non verrà chiusa). Una strategia in piena regola, quella di Stellantis, che non pensa tanto ai mercati quanto al risparmio immediato: dal terreno praticamente regalato alle tasse. Per non parlare del costo della manodopera. E poi ci sono i rapporti diretti fra gli Elkann e il re del Marocco, che da parte sua pianifica da tempo investimenti e acquisizioni in Italia. Vediamo insieme perché a Stellantis piace (e conviene) l'Africa.
Partiamo proprio dallo stabilimento di Kenitra in Marocco, inaugurato nel 2019 come Psa e adesso ampliato. Qui Stellantis ha annunciato di voler investire 1,2 miliardi di euro, per portare la produzione a 530mila veicoli circa. L'anno scorso, da Mirafiori a Cassino, tutti i sei stabilimenti italiani hanno prodotto complessivamente 475mila vetture e veicoli commerciali leggeri.
A Kenitra, a parte la Peugeot 208, si producono i quadricicli Fiat Topolino, Citroen Ami e Opel Rocks, oltre a una nuova famiglia di motori ibridi. Stellantis ha destinato a questo stabilimento la piattaforma Smart Car, che è quella della Fiat Grande Panda. L'anno scorso, alla presentazione della vettura, Fiat aveva diffuso un filmato e varie immagini della Famiglia Panda, ossia di veicoli che dovranno discendere dalla capostipite la cui realizzazione è, per così dire, modulare.
Allora arriverà la Giga Panda, a rappresentare un po' la nuova Multipla; e la Fastback, che rimpiazzerà la Fiat Tipo. E poi, con derivazione dalla Fastback, una sorpresa un po' da mercato sudamericano: il PickUp. Dunque, Kenitra diventerà un autentico polo produttivo in grado di attirare anche un suo indotto (a imprese torinesi sono già stati prospettati trasferimenti e delocalizzazioni).
Il terreno per l'ampliamento è stato donato a Stellantis dal governo marocchino. Che ha garantito al gruppo di John Elkann anche l'esenzione dell'imposta sulle società per cinque anni (e successivamente riduzione all'8,75% per vent'anni) e l'esenzione dei dazi doganali (peraltro, dopo l'accordo USA-Giappone sui dazi, vola l'automotive: Stellantis, attorno alle 12.40 a Piazza Affari segna un incredibile +7,25%)
Poi, il capitolo manodopera: il Marocco stabilisce un salario minimo garantito per un operaio di circa 3.045 dirham, vale a dire 290 euro al mese (contro i 1.600 di media di un operaio Stellantis in Italia): un ingegnere guadagna attorno ai 1.300 euro al mese. I conti si fanno in fretta... Stellantis, che destinerà 702 milioni di euro per i fornitori locali (o "delocalizzati" attratti qua), prevede 3.100 assunzioni nei prossimi anni. E, in questo piano, sarà il governo del Marocco a pagare buona parte degli stipendi.
Re Mohammed VI, considerato un modernizzatore, punta molto sul piano di reindustrializzazione dell'Africa. Laureato in patria ma con master in Francia, di "professione" è banchiere (la Banque Chaabi du Maroc ha diverse filiali in Italia e forse non a caso la prima è stata a Torino) ma controlla anche diverse imprese (comprese concessionarie di Maserati) e media. Controlla una holding finanziaria che ha incorporato quelle statali e tramite quella ha acquisito nei mesi scorsi la Nutkao, ossia "l'altra Nutella", per una cifra miliardaria. Il suo patrimonio personale è stimato attorno agli 8 miliardi di dollari: le spese del suo Palazzo Reale si dice ammontino a 960mila euro (al giorno).
È anche il padrone di casa degli Agnelli/Elkann. Sì, perché i corsi d'acqua o le proprietà con laghetti o risorse idriche in Marocco sono di proprietà del re. Compresa dunque il riad tanto amato da Donna Marella Agnelli, la villa Ain Kassimou gestita dalla holding lussemburghese Yuki, riconducibile ora ai fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann (che la presiede). Dunque, rapporti strettissimi fra gli Elkann e il re. Che rendono ancora più appetibile il business marocchino.
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