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le lingue e i dialetti

Il piemontese, non solo un dialetto, ma una lingua vera e propria che non viene trattata (purtroppo) come tale

Una lingua senza diritti: il paradosso del piemontese nell’Italia delle minoranze

Il piemontese, non solo un dialetto, una vera e propria lingua

Quando si parla del Piemonte, si pensa spesso alle sue montagne, ai suoi vini o al suo passato sabaudo. Ma esiste un’altra eredità, meno visibile ma altrettanto preziosa: la lingua piemontese. Spesso relegata al rango di “dialetto”, il piemontese è in realtà una lingua con una storia, una struttura e una diffusione che meritano ben altra considerazione.

Un’identità storica e linguistica

Il piemontese appartiene al gruppo delle lingue gallo-italiche, che comprende anche lombardo, emiliano e ligure. Queste lingue condividono molti tratti con il francese e l’occitano, ma hanno sviluppato caratteristiche proprie. Il piemontese non è un derivato dell’italiano, ma si è formato in parallelo a esso a partire dal latino volgare, con influssi galli e, più tardi, francesi.

Il centro gravitazionale della lingua è Torino, ma la “piemontofonia” — cioè l’area in cui il piemontese è conosciuto e compreso — si estende a gran parte della regione, comprese zone valligiane dove convivono il piemontese comune e varietà locali.

Il Piemonte non è solo “la terra del piemontese”. La sua storia e la sua geografia lo hanno reso un crocevia linguistico eccezionale. Accanto al piemontese, troviamo:

  • Lingue germaniche, come il vallesano, in alcune valli alpine.

  • Patois di origine provenzale e francoprovenzale nelle valli occidentali e settentrionali.

  • Dialetti lombardi, nell’alto Piemonte (Novara, Verbano-Cusio-Ossola).

  • Parlate liguri, nel sud-est della regione (Novi Ligure, Val Borbera, Alta Val Tanaro).

Questo panorama complesso rende difficile ogni tentativo di classificazione netta. Tuttavia, il piemontese rimane la lingua storica e culturale maggioritaria del cuore regionale, parlata in modo più o meno diffuso da milioni di persone.

Ma quanti sono in realtà, i piemontesi che parlano il piemontese?

Secondo il rapporto IRES 2007, fino all’80% degli abitanti in alcune aree è in grado di comprendere e/o parlare il piemontese. Tuttavia, il numero di parlanti attivi è in costante diminuzione, soprattutto tra i giovani. Nonostante questo calo, la lingua resiste, soprattutto grazie a un rinnovato interesse per la cultura locale e a una certa vitalità letteraria, musicale e teatrale.

Uno dei grandi paradossi italiani riguarda il riconoscimento delle lingue locali. Mentre il piemontese è riconosciuto come lingua dall’UNESCO e da molti linguisti internazionali, lo Stato italiano non lo considera tale, bensì un semplice dialetto dell’italiano. Questo nonostante le profonde differenze strutturali.

La legge 482/1999, nata per tutelare le minoranze linguistiche storiche, ha escluso il piemontese, preferendo invece lingue più “marginali” e meno radicate nei centri urbani, come l’occitano e il franco-provenzale. Questo ha prodotto situazioni distorte: molti comuni piemontesi hanno dichiarato di parlare occitano solo per accedere ai fondi statali, pur essendo in realtà piemontofoni.

Nonostante tutto, il piemontese resiste. Nelle famiglie, nelle canzoni, nella letteratura, nei proverbi. La sua sopravvivenza, tuttavia, dipende sempre più dalla volontà delle nuove generazioni e dalla capacità di riconoscerlo come parte essenziale dell’identità piemontese.

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