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L'intervista
03 Agosto 2025 - 07:50
Fonte: Instagram di Giorgina Siviero
Giorgina Siviero è un’icona senza tempo del panorama moda italiano, una creatrice e imprenditrice torinese che nel 1973 ha fondato il negozio San Carlo dal 1973. Dopo aver collaborato con grandi maison come Armani, Prada, Chanel e Gucci, ha scelto una strada alternativa: dedicarsi con passione alla ricerca di piccoli marchi artigianali italiani, giapponesi e internazionali, capaci di produrre abiti di qualità elevata e con forti valori estetici e culturali. Nel 2019 ha inaugurato la nuova sede del suo concept store nel cortile di Palazzo Villa, tra piazza San Carlo e via Lagrange, uno spazio di 500 m² progettato per unire moda, arte, architettura e cultura. Oggi, grazie anche alla gestione social del profilo Instagram curata dalla figlia Elena, conta quasi mezzo milione di follower e pone San Carlo come punto di riferimento non solo per la moda torinese, ma per una comunità internazionale attenta alla moda di ricerca.
“All’inizio mi disturbava proprio. Mi sembrava una cosa noiosa, forzata.” Giorgina Siviero parla dei social con la stessa sincerità con cui parla dei vestiti. Non era entusiasta, all’inizio, di mostrarsi in video. “È stata mia figlia a insistere. Io non volevo, ma poi… è successo.” Oggi è diventato un appuntamento fisso: la si vede comparire in video sul profilo Instagram del suo negozio, raccontare un abito, una camicia, un tessuto. “Mi diverte quasi. E mi fa piacere che la gente mi riconosca. È successo in treno, al supermercato. Non lo avevo previsto, ma è divertente.” Non c’è nulla di studiato nei suoi video. “Io non mi preparo mai le risposte. Non leggo prima le domande. Non è organizzato. È tutto spontaneo. Se sapessi già cosa dire, non sarei in grado di rispondere sinceramente.” E questa spontaneità si percepisce, tanto da diventare un tratto distintivo. Le persone non comprano solo vestiti: si fidano della sua voce.
Questa voce arriva da Torino, non da Milano. “Non mi è mai venuto in mente di andare a Milano.” Una scelta naturale, inizialmente obbligata, che però si è trasformata in una fedeltà profonda. “Mi sono trovata bene. Torino è delicata, ha un passo diverso.” E in effetti, il suo negozio, aperto nel 1973, si trova in un luogo tanto centrale quanto discreto: un primo piano affacciato su piazza San Carlo. “Chi viene da me, viene già con un’intenzione. Non è come entrare per caso con un gelato in mano.” Anche per questo la sua clientela è ben selezionata. Non è una boutique da passeggio, e non è nemmeno una vetrina per curiosi. Chi entra, lo fa perché vuole capire, ascoltare, scegliere. E dietro ogni capo che si trova lì, c’è una storia.
La sua vasta collezione di vestiti, che propone nel suo negozio, proviene da piccole aziende, spesso italiane o giapponesi, che lavorano ancora in modo artigianale. “Sono marchi con un cognome dietro, persone vere, non gruppi industriali. Sono aziende che producono cose di altissima qualità.” Fino a una quindicina di anni fa, Giorgina collaborava con grandi marchi. Poi ha fatto una scelta. “Erano diventati troppo esigenti. Volevano che io rispettassi certe condizioni, certi minimi d’ordine. Quando ho affittato il negozio, ho deciso che non avrei più voluto avere capi vincolati da quei marchi.” Una decisione netta. “Sapevo che li avrei persi. Ma non mi sono mai pentita.” Oggi il suo lavoro è quello di una vera ricercatrice. Va a cercare capi con una qualità che si riconosce al tatto, nel taglio, nella confezione. “I miei vestiti non hanno il prezzo delle grandi firme, ma hanno tutto il resto. Non c’è il costo della pubblicità, ma c’è la sostanza.”
Il fast fashion? “È un altro mondo. Ha il suo pubblico, e va bene così. Ma non ci tocchiamo.” Per lei esistono tre mondi distinti: quello del fast fashion, quello delle grandi griffe ormai in mano ai gruppi, e quello dei piccoli marchi artigiani, come quelli che propone lei. “Non è un mercato unico. Sono proprio cose diverse.” Eppure, anche se non ha un sito e-commerce e non si considera una venditrice online, la sua presenza sui social ha creato un flusso di richieste continuo. “La gente vede qualcosa nei video e ci scrive. Chiede di una camicia, di una borsa, di un abito. E noi abbiamo una persona che risponde, che dà dettagli, colori, prezzo. Ma non è vendita online, nel senso classico. Io voglio sapere chi è il cliente. Non riesco a vendere a una persona che non conosco.” Anche in questo, la sua è una resistenza personale. Non si tratta di rifiutare il progresso, ma di difendere un modo di lavorare che ha bisogno di relazioni, di voce, di ascolto. “Non mi interessa proporre cose a chiunque, senza sapere cosa cerca. Voglio sapere a chi sto parlando.”
In questo equilibrio tra discrezione e autenticità, il negozio San Carlo è diventato anche meta di personaggi famosi. Federica Pellegrini è stata vista di recente. Ma molti altri restano anonimi. “Non chiedo mai il permesso di fotografarli. Non pubblico nulla. Mi guardo bene dal farlo.” Una forma di rispetto che fa parte dell’identità del luogo: riservato, protetto, silenzioso. E proprio per questo, forse, ancora più prezioso. Sul futuro, Giorgina è serena. “Non credo che questo lavoro si possa passare a qualcun altro. Non ho nipoti che vogliano farlo. È un mestiere troppo personale.” Non c’è malinconia, solo consapevolezza. “Non mi preoccupa sapere cosa succederà dopo. Per ora, so solo che sono contenta di aver fatto questa strada.”
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