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Economia e Lavoro
16 Agosto 2025 - 20:00
In dieci anni il Piemonte ha perso più di un quarto delle sue imprese artigiane. Tra il 2014 e il 2024 la contrazione è stata del 26%, pari a circa 43 mila attività chiuse, secondo i dati elaborati dalla Cgia di Mestre su base Inps e Infocamere/Movimprese. Un’emorragia che colloca la regione tra le più colpite in Italia, insieme a Marche, Umbria e Abruzzo. Il dettaglio provinciale conferma la gravità della crisi. Torino ha perso 3.644 imprese artigiane (-5,7%) solo nell’ultimo anno, mentre Alessandria guida la “classifica nera” regionale con un -6,1% (751 attività scomparse). Biella e Novara si attestano entrambe al -5,5%.
Un arretramento che coinvolge quasi tutti i comparti, con particolare intensità nel sistema moda: dal 2019 al 2025 in Piemonte sono sparite 229 aziende del settore, passate da 2.458 a 2.229. Laboratori di sartoria, calzaturifici, piccole botteghe tessili e di pelletteria hanno abbassato la serranda una dopo l’altra. Secondo la Cgia, la crisi ha radici anche culturali. L’artigianato soffre un progressivo disinteresse dei giovani, spinti verso percorsi di studio liceali e universitari, mentre i mestieri manuali restano marginalizzati. Così, gli artigiani invecchiano senza ricambio generazionale.
Alla crisi demografica si aggiungono fattori strutturali: la concorrenza della grande distribuzione e dell’e-commerce, burocrazia e tassazione locali, affitti in crescita. Anche il credito è sempre più difficile da ottenere, limitando la possibilità di innovare e digitalizzarsi. «In Piemonte – spiega Samantha Panza, presidente del settore abbigliamento di Confartigianato – il tessuto artigiano è un patrimonio culturale ed economico, ma oggi fatica a reggere l’urto della globalizzazione e dei costi crescenti. Servono stabilità e politiche mirate per non disperdere questo valore».
Il settore moda, in particolare, risente della transizione dei consumi verso il fast fashion e l’abbigliamento sportivo, mentre la domanda di capi su misura arretra. La concorrenza sleale arriva anche dall’uso improprio della dicitura “artigianale” su prodotti di importazione o industriali. Unioncamere segnala che in Piemonte la filiera dà ancora lavoro a oltre 60 mila addetti, per lo più in microimprese familiari. Ma la tendenza è chiara: senza un ricambio generazionale e senza interventi pubblici, la rete artigiana rischia di sgretolarsi.
Il Governo ha convocato per il 6 agosto il Tavolo di Crisi del Sistema Moda e in Parlamento è in discussione una riforma della legge quadro del 1985. Tra le misure: fondo da 100 milioni per il credito, vendita diretta per gli artigiani alimentari, innalzamento del tetto occupazionale da 18 a 49 addetti. Per Confartigianato Piemonte, tuttavia, «non bastano correttivi burocratici: servono misure concrete per facilitare l’accesso al credito, sostenere l’innovazione e salvaguardare l’occupazione».
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