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Primati torinesi
18 Agosto 2025 - 21:50
Porta Palatina di Torino: architettura romana, usi stratificati e trasformazioni nei secoli
La Porta Palatina di Torino, collocata in piazza Cesare Augusto, fu edificata tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. come Porta Principalis Dextera della colonia Iulia Augusta Taurinorum, garantendo l’ingresso sul cardo maximus. Misura circa 32 metri in larghezza per oltre 25 in altezza ed è costituita da un corpo centrale mattonato con archi veicolari e pedonali, affiancato da due torri sedecagonali utilizzate per il controllo degli accessi.
Dopo la caduta dell’Impero romano la porta fu inglobata nelle mura cittadine, assumendo il nome di Porta Palatina dalla presenza del palatium longobardo, poi residenza vescovile e palazzo sabaudo. Nel 1404 venne ampiamente rimaneggiata dal Comune, con la ricostruzione parziale della torre sinistra e l’aggiunta delle merlature medievali. Divenne poi presidio militare e magazzino urbano.
Nel 1724, durante un riassetto urbanistico voluto da Vittorio Amedeo II, il complesso ormai degradato fu trasformato in carcere femminile. Le celle erano ristrette, poco aerate e spesso sovraffollate, ospitando donne accusate di reati comuni o considerate “di malaffare”. Tra i cappellani si distinsero san Giuseppe Cafasso e don Pietro Merla. La funzione detentiva terminò nel 1860 con l’apertura del nuovo carcere “Le Nuove”.
Alla fine dell’Ottocento l’architetto Alfredo d’Andrade promosse un intervento conservativo eliminando le aggiunte post-romane per restituire al monumento un aspetto più vicino all’originale classico. Un ulteriore restauro avvenne negli anni Trenta del Novecento, quando il regime fascista aggiunse le statue bronzee di Augusto e Giulio Cesare.
Oggi la Porta Palatina è collocata all’interno del Parco Archeologico cittadino, al centro di un’area che comprende anche i resti del teatro romano: è considerata una delle porte urbane romane meglio conservate al mondo. Il suo lungo percorso d’uso come accesso civico, struttura difensiva, carcere e simbolo identitario restituisce un raro esempio di permanenza architettonica nella storia urbana di Torino.
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