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Economia

Serie A, chi comanda davvero: ecco chi sono i miliardari che muovono i fili

Con l'inizio del campionato, vediamo chi sono i proprietari dei vari club delle squadre italiane

Serie A, chi comanda davvero: ecco chi sono i miliardari che muovono i fili

La Serie A riparte, e come ogni anno gli occhi sono puntati sul campo, dove da qui a nove mesi si decideranno scudetto, salvezze e piazzamenti europei. Ma dietro le partite e i gol c’è un altro campionato, meno visibile ma altrettanto decisivo: quello delle proprietà. Oggi, più che mai, il calcio italiano è uno specchio di interessi globali, intrecci finanziari e storie familiari che si incrociano sotto la bandiera delle venti squadre del massimo campionato.

Nella fascia più alta troviamo i club sostenuti da veri e propri colossi della finanza e da miliardari inseriti regolarmente nelle classifiche di Forbes. È il caso dell’Atalanta, dove Stephen Pagliuca, socio del gigante del private equity Bain Capital, ha rilevato la maggioranza lasciando comunque un ruolo di primo piano alla famiglia Percassi. Sempre più internazionale è anche la parabola del Como, passato nelle mani dei fratelli Hartono, gli uomini più ricchi d’Indonesia grazie all’impero del tabacco e alle quote nella Bank Central Asia. Sul fronte italiano non manca Rocco Commisso, patron della Fiorentina e fondatore di Mediacom negli Stati Uniti, che con il suo patrimonio miliardario continua a credere in un progetto fiorentino di lungo periodo. Accanto a loro ci sono club simbolo come Inter e Milan, entrati nel radar di grandi fondi americani: Oaktree ha preso il controllo dei nerazzurri dopo le difficoltà cinesi, mentre RedBird di Gerry Cardinale guida i rossoneri tra contestazioni dei tifosi e ambizioni di crescita. In questo gruppo dei super-ricchi non possono mancare Juventus e Roma: la prima resta saldamente in mano alla dinastia Agnelli attraverso la holding Exor di John Elkann, la seconda è affidata a Dan Friedkin, texano da oltre otto miliardi di patrimonio che spazia dall’automotive hollywoodiano al cinema.

Un gradino più sotto ci sono le proprietà benestanti, imprenditori che non dominano le classifiche globali ma che dispongono di aziende solide e miliardarie. Il Bologna resta legato a Joey Saputo e al colosso lattiero-caseario canadese di famiglia, mentre la Cremonese si affida all’“acciaio” di Giovanni Arvedi, un re dell’industria italiana. Claudio Lotito, con la sua rete di società tra servizi e immobiliare, continua a incarnare il caso unico della Lazio, mentre Aurelio De Laurentiis mantiene al Napoli un’impronta familiare, trasformando la Filmauro in un gruppo dove calcio e cinema si sostengono a vicenda. È industriale, invece, il legame che unisce il Sassuolo al mondo Mapei, così come editoriale quello del Torino a Urbano Cairo, presidente-editore tra giornali e televisioni.

E poi ci sono le cosiddette “formiche”, i club che vivono con risorse più contenute, affidandosi a strategie attente e spesso a patrimoni meno imponenti. A Cagliari il chimico Tommaso Giulini guida la Fluorsid, mentre a Genova è arrivato di recente il romeno Dan Sucu, che produce mobili con Mobexpert. Il Lecce si regge su un gruppo di soci locali guidati dall’avvocato Saverio Sticchi Damiani, mentre a Parma l’americano Kyle Krause, dopo aver venduto la catena di distribuzione Kum & Go, ha scelto di investire in Italia tra calcio, vino e logistica. Pisa guarda a est con Alexander Knaster, businessman russo-americano legato al fondo Pamplona Capital, mentre Udine resta fedele alla famiglia Pozzo, in attesa di capire se il club passerà davvero nelle mani del fondo Guggenheim. A chiudere c’è l’Hellas Verona, entrato da poco nella galassia del private equity Presidio Investors, realtà statunitense da mezzo miliardo di asset.

Il campionato italiano, insomma, è un variegato di storie e di capitali. Da un lato ci sono fondi d’investimento capaci di muovere centinaia di miliardi, dall’altro imprenditori che vedono nel calcio più una passione che un affare. Ma in tutti i casi emerge un tratto comune: quello del calcio come vetrina globale, strumento di potere, di immagine e, talvolta, di business.

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