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L’86% dei torinesi ritiene che la prevenzione sanitaria sia fondamentale, ma meno della metà la pratica

Un'indagine dell’Osservatorio Sanità rivela le abitudini dei cittadini: il 30% aspetta i sintomi per rivolgersi a un medico

L’86% dei torinesi ritiene che la prevenzione sanitaria sia fondamentale, ma meno della metà la pratica

Ospedale, foto di repertorio

Un dato netto emerge dall’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità realizzata da Nomisma per UniSalute: a Torino cresce la consapevolezza sull’importanza della prevenzione, ma questa consapevolezza non si traduce in azioni concrete. Se l’86% degli intervistati dichiara infatti che controlli e visite siano "molto" o "estremamente" importanti, solo il 45% li effettua regolarmente.

Il quadro rivela un atteggiamento attendista: il 30% dei torinesi preferisce aspettare la comparsa dei primi disturbi prima di rivolgersi a un medico, mentre il 23% ammette di farlo soltanto quando è già presente una malattia diagnosticata. Questo comportamento comporta conseguenze evidenti. Un torinese su sei (17%) non esegue analisi del sangue da oltre tre anni, il 25% non ha mai fatto un esame cardiologico o un elettrocardiogramma e quasi la metà (48%) non si è mai sottoposta a una visita dermatologica per il controllo dei nei.

Preoccupante anche la situazione per la salute femminile: il 34% delle donne non si reca dal ginecologo da almeno tre anni, il 38% non ha effettuato un Pap test nello stesso arco di tempo e il 34% non si è mai sottoposta a un’ecografia al seno, un esame ritenuto centrale per la diagnosi precoce.

Le ragioni che frenano i torinesi sono diverse. Per il 57% di chi non ha fatto prevenzione nell’ultimo anno il motivo è l’assenza di sintomi, segno che la cultura della prevenzione fatica a radicarsi pienamente. A ciò si aggiungono ostacoli strutturali: il 30% indica i lunghi tempi di attesa, il 15% i costi delle prestazioni e il 16% confessa di rinunciare ai controlli per paura di ricevere cattive notizie.

Chi invece ha scelto di sottoporsi a esami preventivi lo ha fatto in gran parte di propria iniziativa (34%) o su raccomandazione del medico di base (30%). Nel 52% dei casi ci si è rivolti al servizio pubblico, mentre il 41% ha scelto strutture private, spesso in convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

L’indagine mette in luce un paradosso: la prevenzione è riconosciuta come essenziale, ma rimane sottovalutata nella pratica quotidiana. Una distanza che, nel lungo periodo, rischia di tradursi in diagnosi tardive e cure più invasive, con un impatto non solo sulla salute dei cittadini ma anche sui costi complessivi del sistema sanitario.

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