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La crisi dell'ex Fiat
27 Agosto 2025 - 14:40
Dopo l'accordo di Termoli, adesso tremano Mirafiori e Pomigliano. Nello storico stabilimento di Torino, infatti, domani ci sarà un incontro in tema di ammortizzatori sociali, in attesa della riapertura e della ripresa della produzione lunedì 1 settembre. Ma rimane aperta la partita degli esuberi, 6.000 fra il 2024 e il 2025.
I conti li ha fatti Michele De Palma, segretario generale Fiom, che è tornato a chiedere la convocazione a Palazzo Chigi di John Elkann. “In questi anni sono aumentati i contratti di solidarietà e la cassa integrazione negli stabilimenti Stellantis in Italia, nonostante tra il 2024 e il 2025 siano stati dichiarati oltre 6.000 esuberi - ha detto De Palma -. Mentre a Termoli non è partita la gigafactory, la produzione dei motori continua a calare, e la nuova produzione di cambi arriverà non prima del 2026. Oggi ci sarà un incontro a Pomigliano e domani a Mirafiori sempre in tema di ammortizzatori sociali. Il rischio è che questi due incontri aumentino le ore di cassa integrazione".
Per il segretario Fiom, che addita il calo costante di quote di mercato dell'ex Fiat, "serve un piano di investimenti per la produzione e l’occupazione specifico per l’automotive. La transizione dell'Unione Europea è fallimentare sia sul piano per l'automotive, sia sul piano per l'acciaio, come anche rispetto a quello che si sta determinando sul tema dei dazi".
Dunque, a Palazzo Chigi bisognerebbe "chiamare alle proprie responsabilità proprietà e amministratore delegato per un piano di ricerca, sviluppo e produzione in Italia”, vale a dire John Elkann e il ceo Antonio Filosa. Quest'ultimo ha annunciato a breve il nuovo piano industriale, anche se aggiustamenti di rotta sono già cominciati (con tagli di piattaforme e progetti), mentre una nuova audizione di Elkann è stata "annunciata" dal presidente della commissione. Ma non ha detto quando.
E Mirafiori sta lavorando già per la nuova Fiat 500 Ibrida, la cui produzione inizierà a novembre. L'incontro di domani servirà a ridefinire il contratto di solidarietà che era già in atto per circa 1.200 lavoratori.
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