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Fiat chiama 800 lavoratori da Nepal e Marocco per costruire la Grande Panda in Serbia

A Kragujevac, lo storico stabilimento in Serbia, arrivano lavoratori stranieri per compensare la carenza di manodopera locale, mentre in Marocco Stellantis raddoppia la produzione e conquista nuovi mercati

Fiat chiama 800 lavoratori da Nepal e Marocco per costruire la Grande Panda in Serbia

Lo stabilimento Fiat di Kragujevac, cuore industriale della Serbia centrale e oggi parte dell’universo Stellantis, si prepara a vivere una nuova fase. Nella fabbrica destinata alla produzione della nuova Fiat Grande Panda, arriveranno a breve circa 800 lavoratori stranieri provenienti da Nepal e Marocco. La conferma è arrivata dal consigliere comunale per l’economia, Radomir Erić, in dichiarazioni riportate da Televizija Kragujevac.

La notizia ha suscitato reazioni contrastanti, perché arriva in una città che conta circa 9mila disoccupati, secondo i dati diffusi da Autoklub.hr. Kragujevac ha un passato glorioso come polo manifatturiero serbo. Qui sono nate le auto della storica Zastava, simbolo della motorizzazione jugoslava, e qui, dal 2010, Fiat ha investito massicciamente per trasformare la città in un polo automobilistico moderno. Eppure, il nodo resta sempre lo stesso: la difficoltà di garantire condizioni di lavoro e retribuzioni in grado di attirare e trattenere personale locale.

Lo storico sindacalista Jugoslav Ristić, presidente dell’associazione “Nova sveltst” ed ex leader della fabbrica di armi Zastava, lo spiega senza giri di parole: «Gli abitanti di Kragujevac non sono interessati a stipendi leggermente superiori a 70.000 dinari (circa 597 euro), perché non sono sufficienti per sopravvivere. Ecco perché si cercano lavoratori dal Nepal e dal Marocco, Paesi molto più poveri della Serbia».

Secondo Ristić, la forbice economica è evidente: in Nepal, con una popolazione di 27 milioni di abitanti, oltre la metà delle persone vive con meno di 1,25 dollari al giorno. In Marocco, che conta 37 milioni di abitanti, il PIL pro capite è più di tre volte inferiore rispetto a quello serbo. Nello stabilimento di Kragujevac, ha aggiunto il sindacalista, un operaio può arrivare a guadagnare circa 90.000 dinari (768 euro) al mese, ma solo lavorando tutti i sabati, ben oltre le 40 ore settimanali standard. Un salario che resta comunque al di sotto della media nazionale serba, fissata a circa 108.000 dinari (920 euro). Il confronto con i lavoratori stranieri inviati in passato dall’Italia è impietoso: «Quelli prendevano circa 100 euro al giorno, cifre incomparabili con gli stipendi offerti ai serbi», ricorda Ristić.

La conclusione, per il sindacalista, è amara: «Se la Fiat pagasse 1.000 euro al mese, troverebbe sicuramente lavoratori locali. Ma lo Stato, che possiede un terzo delle azioni dell’azienda, non interviene. Il messaggio è chiaro: la Serbia deve rimanere una zona di manodopera a basso costo. È la politica delle multinazionali, sostenuta dal nostro governo». Il caso di Kragujevac rappresenta bene un paradosso diffuso nei Balcani: alta disoccupazione ufficiale, ma difficoltà croniche a reperire personale disposto ad accettare stipendi bassi e turni gravosi.

Mentre in Serbia Stellantis fatica a trattenere personale e si affida a manodopera straniera, in Marocco il gruppo automobilistico ha intrapreso una strada opposta: quella della crescita e degli investimenti strategici. Lo stabilimento di Kenitra, inaugurato nel 2019 a nord di Rabat, è diventato in pochi anni uno dei fiori all’occhiello del gruppo. Nel 2025 Stellantis ha annunciato un piano da 1,2 miliardi di euro per raddoppiare la capacità produttiva: da 200mila a 535mila veicoli all’anno.

Il contrasto tra Kragujevac e Kenitra è evidente: in Serbia, Stellantis deve importare forza lavoro da Paesi ancora più poveri per compensare salari non attrattivi e condizioni considerate dure dagli stessi serbi. In Marocco, invece, il gruppo ha trovato un ambiente favorevole: salari competitivi, politiche industriali stabili, incentivi pubblici e una manodopera giovane e disponibile.

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