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Il caso
01 Settembre 2025 - 18:47
Uno smantellamento. Anzi, «lo» smantellamento. Sempre lo stesso. Quello della grande «mamma» Fiat. Che non esiste più da un pezzo, ma che continua ad essere il punto di partenza da cui ogni discorso sull’automotive parte. E’ per questo che dalla fusione dell’attuale gruppo Stellantis con gli americani di Chrysler, ormai più di dieci anni fa. Gira e rigira si torna sempre lì. Al «grande sopruso» che Torino ha subito da quando la Fiat si è spenta, trasformandosi in Stellantis. E diventando solo una delle espressioni dalla holding finanziaria Exor, gestita dagli Agnelli-Elkann.
E’ quello che emerge dall’audizione delle sigle sindacati metalmeccaniche in commissione comunale, questo pomeriggio, con oggetto la vendita del gruppo Iveco (di cui Exor era azionista per circa il 24%) agli indiani di Tata Motors (ufficializzata il 29 luglio). I metalmeccanici lo ribadiscono: la canzone, d’altronde, è sempre la stessa. «Si tratta della vendita di un’industria che è nata in Italia e va in mano a stranieri», afferma candidamente Edi Lazzi, segretario generale Fiom Cgil Torino. Circa metà dei dipendenti totali del gruppo Iveco, infatti, si trova in Italia (16mila su 32mila). Settemila sono quelli torinesi.
«Ci sono delle analogie tra la vendita degli asset industriali della famiglia Elkann ad altri. Per questo non siamo tranquilli», spiega Lazzi, che traccia un filo rosso. Dalla fusione con il gruppo Peugeot, che «ha determinato il tracollo di Mirafiori a Torino». Poi la cessione di Magneti Marelli: «sull’orlo del fallimento», dice. Con questi precedenti nessuno “sta sereno”. «Anche perché - sottolinea Luigi Paone, Uilm - Tata ha costruito una società a parte. Questa vendita non serve per far espandere Iveco». Parlano tutti inesorabilmente di smantellamento. «Si porta via il nostro know how, devastando quello che c’è qui», aggiunge Ciro Marino, Uglm. «Non abbiamo grandissimi strumenti in mano. Ma il Tavolo di confronto, affinché si garantisca il livello di occupazione, con il Governo è aperto», aggiunge Rocco Cutrì, Fim.
Dalla sua il Comune si impegna con una missiva, «al Ministero del Made in Italy con i comuni di Suzzara, Brescia e Foggia chiedendo che gli enti loacali partecipino a un tavolo trattativo», spiega la vicesindaca Michela Favaro. Il 24 settembre, invece, i vertici di Iveco saranno auditi dal Comune di Torino. «Duole constatate l’assenza del sindaco nel dibattito - sottolinea il consigliere Ferrante De Benedictis (FdI), il "rappresentante" degli operai in Comune, per il passato professionale vicino ai metalmeccanici -. Il tema è della massima urgenza, Torino rischia di cambiare volto e di ridimensionarsi sempre più, diventando “terra di conquista”».
“È fondamentale che la politica locale, insieme al governo nazionale e agli attori economici, concentri la propria attenzione sulla tutela dei livelli occupazionali e sulla capacità della nostra città di continuare a essere un polo di eccellenza manifatturiera. Il futuro di Torino e del suo territorio passa dalla produzione di veicoli ad alto contenuto tecnologico, dalle nuove motorizzazioni elettriche alle soluzioni più avanzate per la mobilità del domani", rimarca il vicecapogruppo FI Domenico Garcea.
"Quest'operazione solo un ariete per potere entrare in alcuni mercati. Lo scotto è il depauperamento del nostro settore", aggiunge infine il vicecapogruppo di Torino Bellissima Pierlucio Firrao.
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