Cerca

Industria & Politica

Iveco, Golden Power del governo? Ecco perché non può farlo (senza imbarazzi)

Il ministro Urso ci pensa, ma il governo è coinvolto nel business e anzi fa incassare di più gli Elkann

Iveco, Golden Power del governo? Ecco perché non può farlo (senza imbarazzi)

Il governo non userà il Golden Power nella vicenda Iveco. E se lo farà, sarà con enorme imbarazzo. Con buona pace della (poca) agitazione politica, sindacale e delle associazioni di categoria attorno alla vendita di Iveco Group a Tata, per una cifra che fa ben felice Exor (ossia gli Elkann), con un buon contributo - in questo caso - del governo stesso. Vediamo perché.

Partiamo dal ministro Urso, che la scorsa settimana, in un question time alla Camera, sulla vicenda ha detto "Se serve useremo gli strumenti di tutela previsti dalla normativa". Ossia il Golden Power, di fatto il diritto di veto alla vendita a stranieri di imprese di rilevanza strategica per l'Italia. Attenti a quella premessa: "Se serve".

Urso aveva già agitato lo spauracchio Golden Power nei mesi scorsi, alla cessione di Comau da parte di Stellantis. E poi? E poi Comau è diventata tranquillamente di proprietà di un fondo USA. Per Iveco, cosa potrebbe accadere? Iveco Group è sicuramente strategica in quanto di fatto l'unica azienda produttrice di truck e bus di proprietà italiana (per modo di dire: Exor è olandese di diritto e di fatto). La ex Menarini ex Breda ex tante cose, infatti, è diventata comodamente cinese senza troppi ostacoli. E poi non era Urso che voleva un produttore automotive cinese a tutti i costi? Ecco, è arrivato uno indiano, che peraltro sbandiera ottimi propositi per il futuro di Iveco. 

Di fatto la parte realmente strategica di Iveco era il ramo Defense, con IDV e Astra, dai camion militari ai blindati leggeri. Ma John Elkann aveva già annunciato lo scorporo per una cessione altamente monetizzante mesi fa, dove solo gli ingenui avrebbero potuto non ravvisare uno "spezzatino" in arrivo.

Perché Exor ha avviato da tempo un piano di monetizzazione per fare cassa e lanciarsi in un grande investimento: il target è un'azienda medio grande, valore attorno al miliardo - sede USA o Europa -, di cui rilevare almeno il 21% per diventare azionista di peso, ma non di controllo. Salvo poi salire lentamente. L'esempio è Philips. E per arrivarci, Elkann non ha esitato a far cassa con le azioni del gioiello Ferrari, figuriamoci quindi se potevano esserci esitazioni sulla "piccola" Iveco. 

Exor ha ora circa 4 miliardi di euro come potenza di fuoco, con oltre 1,7 miliardi che arrivano dalla cessione del ramo Defense, ceduto a Leonardo, che lo controllerà tramite una joint venture con Rehinmetall (tedesca). Leonardo - che con IDV e Astra completerà il suo "catalogo" per un'offerta nel ramo difesa dalla terra all'aerospazio - è controllata al 30,2% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e per il 50% da investitori istituzionali. 

L'affare Iveco-Tata, è evidente, è possibile solo grazie all'operazione con Leonardo, che fa restare il ramo difesa sotto controllo italiano, addirittura del governo. L'enterprise value fissato da Leonardo è comunque superiore a quello stimato dagli analisti, in precedenza, e di molto superiore ai ricavi stessi che, nel 2024, sono stati pari a circa 880 milioni di euro (in Borsa la capitalizzazione dell'intero Gruppo è attorno ai 5 miliardi). Leonardo, quindi, paga più del dovuto? Di certo trova il favore degli azionisti cui l'operazione frutterà, per stessa comunicazione di Iveco, un robusto dividendo straordinario (circa 300 milioni di euro solo agli Elkann).

Dunque, dato tutto questo, come possiamo - anzi, tolgo dall'imbarazzo: come posso io - pensare che il governo voglia utilizzare davvero il Golden Power a sua disposizione? Ma di certo Urso non può dirlo: come ministro del Made in Italy, ha il dovere di puntualizzare la disponibilità di strumenti all'uopo. "Se serve..." però. Stay tuned, vediamo come andrà a finire. 

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.