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Torinese, non piemontese: ecco i modi di dire che appartengono alla città più che alla regione

Dimentica "boja fauss" e "neh", qui "facciamo che parlare" "solo più" di "cicles"

Torinese, non piemontese: ecco i modi di dire che appartengono alla città più che alla regione

Foto: Wiki Loves Monuments

Torino ha un linguaggio tutto suo, che non sempre si trova in altre parti del Piemonte. Sebbene il dialetto piemontese continui a mantenere il suo fascino, ci sono alcune espressioni tipiche che rendono il torinese davvero unico. Qui non si dice solo "boja fauss" (un grido di sorpresa tipico della regione) né "neh" (il famoso modo di concludere una frase). A Torino, le cose vanno diversamente. Se non siete di Torino, ecco alcune curiosità linguistiche che vi faranno sorridere e, probabilmente, sentire fuori posto.

Cicles

Se in molte parti d'Italia si parla di "gomma da masticare", a Torino la parola d'ordine è "cicles". Questo termine deriva dal marchio "Chiclets", famoso per la gomma da masticare che negli anni '40 fu introdotto in Italia grazie ai soldati americani. La marca, che prende il nome dalla pianta Manilkara chicle, è diventata un termine generico, ormai intramontabile nelle conversazioni torinesi. E anche se molti torinesi non sanno da dove venga, sono fermamente convinti che "cicles" sia l'unico modo giusto per chiamare la gomma da masticare.

"Solo più"

Questa espressione rappresenta un vero e proprio marchio di fabbrica del torinese. La frase “ho solo più un cicles” è una costruzione che molti fuori Torino trovano un po' bizzarra. Per il resto d'Italia, "solo più" è un errore linguistico, ma per i torinesi è la forma naturale di esprimere che si è rimasti con una sola cosa. Non è raro sentire frasi come "ho solo più un esame" o "c'è solo più un biscotto", senza che il torinese se ne faccia alcun problema. E non solo: anche alcuni grandi scrittori piemontesi, come Cesare Pavese e Primo Levi, ne facevano uso.

"Com'è?"

Questa è una domanda che i torinesi rivolgono praticamente a chiunque, ogni giorno, più volte al giorno: "Com'è?" Non è un "come stai?" formale, ma un "come va?" espresso in un lampo, in un modo che è diventato identificativo della città. La risposta, per non risultare scortesi, è sempre un semplice "bene, dai". Non aspettatevi di entrare nei dettagli, e se qualcuno vi risponde con un "com'è cosa?", non preoccupatevi, significa solo che non hanno ancora capito che a Torino “com'è?” è un saluto tanto quanto una domanda.

"Tagliare", ovvero "balzare" la scuola

Una delle espressioni più caratteristiche dei torinesi riguarda il famoso "saltare la scuola". In altre città italiane si parla di "saltare", ma a Torino si "taglia" o, da qualche anno, si "balza". Il verbo "balzare" rende l'idea di un salto, un movimento rapido e deciso, perfetto per descrivere quella sensazione di libertà che provano gli studenti che decidono di prendersi una pausa. A Torino, quando dicono "balzo", non si parla solo di scuola, ma anche di ogni altra occasione in cui si decide di fare un passo indietro con nonchalance: un invito rifiutato, una proposta di uscita lasciata cadere. "Balzo", dunque, è anche un rifiuto con un pizzico di ironia.

"Bom"

Un'altra particolarità torinese è l'uso di "bom", che si pronuncia spesso come "bon" o "bo". Si usa per chiudere una conversazione o per mettere un punto su una situazione. Se vi offrono qualcosa e rispondete "bom", significa che avete finito, che non desiderate altro, senza alcun rimpianto. Non confondete però "bom" con il "boh" che si usa per esprimere incertezza, poiché il "bom" è decisamente una chiusura, che va bene anche per fermare una discussione o un’offerta.

"Fare che + infinito"

A Torino, spesso, si dice "faccio che andare" e non "vado". Sebbene non sia corretto grammaticalmente, ha un suo fascino. Questa forma viene spesso utilizzata per esprimere un'azione che si è appena deciso di intraprendere, come un "per me va bene, facciamo che ci vediamo dopo". La frase "fare che" deriva dal piemontese "fuma c'anduma", ragion per cui questo costrutto è più affine al piemontese, ma sempre un fiero marchio di Torino.

Torino ha una lingua che sa di tradizione e di ironia. Se decidete di visitarla o, ancora meglio, se avete la fortuna di viverci, preparatevi a sentire queste espressioni ogni giorno. Dimenticate quello che sapete sul classico “boja fauss” o il “neh” che caratterizzano la lingua piemontese, perché in città, tra un “com’è?” e un “cicles”, vi troverete a parlare come un vero torinese.

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