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Il caso
24 Settembre 2025 - 16:38
Silvio Viale
Per tre episodi ha taciuto. Per uno soltanto ha deciso di parlare. È durato 45 minuti l’interrogatorio di Silvio Viale, medico ginecologo del Sant’Anna e consigliere comunale dei Radicali +Europa, ieri davanti alle pm Lea Lamonaca e Delia Boschetto, nella fase preliminare del processo in cui è imputato per violenza sessuale. Rinviato a giudizio a luglio, Viale ha scelto di rispondere su uno solo dei quattro casi contestati: quello del 2018, avvenuto all’ospedale in cui lavora. Gli altri tre — risalenti al 2023 — sarebbero invece accaduti nel suo studio privato di via Berthollet. La scelta, all’apparenza tecnica, in realtà ha il sapore della strategia. Una linea precisa, che va letta in controluce: Viale ha risposto solo sull’episodio che coinvolge l’ospedale Sant’Anna, dove è dipendente pubblico. E dove, non a caso, la Città della Salute aveva già chiesto di accedere agli atti, per valutare un’eventuale costituzione di parte civile. Valutazione che, ad oggi, è ancora in bilico. Ma che pesa. In aula non si è costituita. E la sua assenza — anche solo simbolica — rappresenta, di fatto, un punto per la difesa. È lì che si colloca, in filigrana, il vero destinatario dell’intervento di Viale in aula: non solo la procura, ma l’azienda ospedaliera. Una difesa che si rivolge all’interno, prima ancora che al processo. Una linea d’attesa, forse suggerita o forse costruita per rispondere a richieste di chiarezza avanzate — si dice — anche informalmente dalla direzione sanitaria. D’altronde, il ruolo di Viale non è solo quello di un medico del sistema pubblico: è una figura riconoscibile, nota, anche divisiva. Da sempre in prima linea su aborto e RU486, è stato il primo a somministrarla nel 2005, proprio al Sant’Anna. Ha un passato da protagonista, e un presente da consigliere comunale. È per questo che la sua posizione giudiziaria, pur restando a oggi da valutare nelle sedi opportune, si muove in un campo minato di significati pubblici. Il medico aveva già parlato durante la fase d’indagine, sottoponendosi a interrogatorio su tutti gli episodi e cercando di ricostruire passo dopo passo ogni visita. Ora ha scelto di concentrarsi su un solo fronte, il più esposto istituzionalmente. Il resto, per ora, resta affidato agli atti. Secondo l’imputazione, le condotte contestate seguono un copione simile: palpeggiamenti “repentini tali da vincere la resistenza della vittima”, uso distorto dell’autorità derivante dal ruolo, e in un caso l’accusa è di aver “osservato una paziente mentre si spogliava”. In totale, all’inizio, le segnalazioni erano dieci. Ma sei posizioni sono state archiviate: condotte forse discutibili dal punto di vista deontologico, ma non penalmente rilevanti, secondo la procura.
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