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Il caso

l capo dei Maranza nel mirino dei pm: aperto un fascicolo in procura su Alì

Dopo la "spedizione punitiva", con tanto di video, ai danni di un maestro di scuola, Don Alì viene indagato

La violenza sui social. Nel video di minacce di Don Alì inquadrata anche una bambina

Lo show, stavolta, potrebbe davvero finire. Don Alì, 24 anni, nato in Marocco e cresciuto a Torino, autoproclamatosi sui social “il capo dei maranza”, è finito nel mirino della Procura di Torino. L’attenzione è scattata dopo l’ultima sua “bravata”: un video pubblicato su Instagram, che mostra una spedizione punitiva organizzata contro un insegnante di una scuola materno-elementare di Barriera di Milano. Nel filmato, il gruppo di giovani guidato da Don Alì lo circonda e lo accusa di presunti abusi sui bambini, senza però fornire alcuna prova. Un filmato che riesce in pochi secondi a racchiudere diverse ipotesi di reato e illeciti. Minacce, contenuti che rappresentano minori: ma non solo. Torniamo al video. Le immagini, girate in via Vestignè, mostrano l’insegnante mentre viene affrontato da tre ragazzi. Don Ali’ e due suoi “scagnozzi”.
L’insegnante è appena uscito da scuola, tiene per mano una bambina, la figlia, che ha meno di quattro anni. «Ci è stato riferito che hai alzato le mani a un bambino», gli dicono, mentre lui cerca di capire, senza reagire.
Poi le minacce: «La prossima volta agiremo in altra maniera. Non saranno più parole, ma fatti. Quelli veri». Nel video, postato da Don Alì, si vedono chiaramente i volti sia dell’insegnante sia della bambina. La descrizione recita: «Siamo andati a prendere il maestro che abusa dei bambini a scuola». L’istituto dove lavora l’insegnante si è “chiuso” a riccio per proteggere il dipendente: hanno però più volte parlato di «un uomo che fa benissimo il suo lavoro» e sono certi che non vi sia nulla di vero in quelle affermazioni. Nessun dubbio. Intanto il caso monta. Giornali nazionali, quotidiani locali. Il filmato è diventato virale, migliaia le reazioni e i commenti in poche ore: alcuni applaudono Don Alì, altri condannano la gogna mediatica. Ovviamente non c’è nessuna denuncia ufficiale a carico dell’insegnante, nessun riscontro a sostegno delle accuse. Secondo fonti riservate, la spedizione punitiva sarebbe nata da un malinteso: il figlio di un genitore italiano, coinvolto in una lite con un altro bambino, avrebbe riferito l’episodio in modo confuso. Da lì la voce, poi il video, infine la tempesta social.
L’insegnante, sconvolto, ha sporto denuncia.


A difenderlo è l’avvocato torinese Davide Salvo, che mantiene il massimo riserbo sul caso per proteggere la famiglia del suo assistito.
Ma la vicenda, ormai pubblica, ha avuto anche un’eco politico. Il deputato Rossano Sasso ha parlato del caso in Parlamento, chiedendo l’espulsione di Don Alì.
Il 24enne, da anni, usa i social per trasformare le provocazioni in spettacolo. Nel 2020 era stato denunciato per aver lanciato un estintore da un treno in corsa, nel 2021 per aver finto di essere un agente della polizia municipale di Torino. In un altro video, entra nei negozi, apre un frigorifero, prende una lattina e se ne va senza pagare, portandosi il dito alle labbra davanti al titolare. Nel dicembre 2024 si era ripreso davanti al Tribunale di Sorveglianza in via Bologna: «Mi hanno portato un foglio dove mi dicono che ho l’obbligo di firma per due anni e che non posso lasciare Torino. Io so chi è stato, non finisce qui», aveva detto. Qualche settimana dopo era in Thailandia, documentando tutto su Instagram.
Negli ultimi mesi Don Alì ha inaugurato un nuovo filone di contenuti: i guantoni. Non boxe regolare, ma incontri clandestini nei parchi e nei capannoni abbandonati di Torino. Video in cui si allena, organizza match e lancia un torneo “senza federazione”, con in palio mille euro e la possibilità di “sfidare il king dei maranza”. Tutto ripreso, tutto online. In un altro filmato, mentre si filma in strada, viene raggiunto alle spalle da un poliziotto che cerca di fargli abbassare il telefono. Sullo sfondo, due macchine della polizia. Lui si sposta, urla, insulta l’agente. La scena finisce su Instagram. Stavolta, però, le conseguenze potrebbero essere più concrete: le forze dell’ordine stanno raccogliendo tutto il materiale pubblicato, i video e le stories in cui Don Alì mostra i suoi illeciti. Tutto finirà nel fascicolo della Procura. Questa volta, il suo “storytelling” social – fatto di provocazioni, sfide e minacce – rischia di trasformarsi in un’altra storia: quella di un’inchiesta penale.

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