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Il caso
05 Novembre 2025 - 09:11
«Lo avevano picchiato. A lui, quello che ha fatto del male al nostro compagno di scuola». E in effetti i video ci sono. E li diffondono nelle chat quelli che erano i suoi amici, un tempo. Ottobre, piazza di Vittorio, Nichelino. Lo stesso ragazzo che a gennaio devastò la piazza del Comune, di nuovo lì, questa volta per un affronto faccia a faccia, con altri giovanissimi come spettatori. Cinque giorni dopo i fatti di Halloween davanti alla scuola superiore Pininfarina i ragazzi appoggiati ai motorini continuano a parlare di cosa è accaduto.
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Quindici anni. È l’età media dei partecipanti a questa terribile vicenda di cui si parla da tre giorni in tutte le cronache nazionali. Una storia che comincia con un “sequestro”, questo il termine che viene usato. In realtà, ogni ora che passa mette in luce qualche nuovo dettaglio, fino a ricostruire una dinamica altrettanto offuscata. Perché la vittima, il ragazzo, conosceva bene quei ragazzi che gli hanno fatto del male. «Si frequentavano anche fuori da scuola. Fino lo scorso anno eravamo tutti nella stessa classe. Poi, uno di loro, di quelli accusati, è stato bocciato» racconta un compagno di classe della vittima fuori dall’Istituto Pininfarina. Dalle prime ricostruzioni pare che i ragazzi avessero deciso di passare Halloween insieme. Sono andati in una casa in corso Casale, quella che era casa di uno degli indagati, prima che con la madre si trasferissero dal nuovo compagno di lei, a Moncalieri. Qualcosa è degenerato «abbiamo sentito il ragazzo» spiega la procuratrice a capo del Tribunale dei minori, Emma Avezzù «e abbiamo fatto un sopralluogo nell’appartamento di corso Casale, il luogo individuato come quello dove si sono tenuti i maltrattamenti. All’interno dell’aspirapolvere sono stati trovati i capelli, quelli che sono stati rasati. E sul corpo del giovane, una bruciatura; molto probabilmente una sigaretta» afferma ancora Avezzù. E adesso si teme per le conseguenze di questa vicenda «quei ragazzi non sono mostri. Ma sicuramente sono stati lasciati soli. Tutti i coinvolti in questa vicenda».
C’è anche una ragazza in mezzo a questa trama. Sedicenne, albanese, di Barriera di Milano: anche lei proveniente da un contesto di fragilità, con piccoli reati alle spalle, commessi prima dei suoi 14 anni. Il suo ruolo potrebbe essere stato marginale negli eventi, in quanto è arrivata alle due del mattino. La ragazza deve ancora essere ascoltata dalla Procura. È difesa dall’avvocato Roberto Capra, che ad ora ha scelto di non esprimersi sul caso.
Nelle ultime ore sui social hanno iniziato a circolare le sue fotografie, corredate di insulti, di minacce. Su una chat di gruppo qualcuno scrive «la stuprerei io». Odio sul web.
Tornando ai due ragazzi, ad ora sono indagati per sequestro e violenza privata e il tribunale dei minori si riserva la possibilità di includere il reato di abusi sessuali. Ma come dicevamo, è ancora presto. Perché la vicenda deve essere ancora ricostruita. «Lui, la vittima, spesso si vantava di avere amici importanti» raccontano ancora i suoi compagni di classe «ha sempre sofferto di deficit del disturbo dell’attenzione, a volte dava l’impressione di essere molto facile diciamo, da trascinare. Se qualcuno con un po’ di ascendente gli chiedeva di fare qualcosa, lui lo faceva». Qualcuno come i due ragazzi? «Esatto, i classici bulletti. Uno in particolare, quello che sappiamo sia stato picchiato. Lui in passato ha fatto gran danni». Come l’esplosione in piazza a Nichelino, la notte di San Silvestro. Quel Capodanno c’erano entrambi gli “aguzzini” del 15enne. E nessun provvedimento è stato preso in seguito alla vicenda, nei loro confronti. Uno di loro è difeso dall’avvocato Antonio Vallone. La famiglia ha già programmato incontri con uno psicologo. Il ragazzo parla di una serata divertente, dove nessuno ha costretto nessuno a fare nulla. Compreso rasare i capelli.
Borgo Navile, Moncalieri centro. Un presidio organizzato per mostrare solidarietà a quel ragazzino di 15 anni finito in un tritacarne mediatico dopo i fatti di Halloween. Una notte di cui i contorni sono ancora da definire, un lasso temporale che va dalle 20 del venerdì 31 alle 13 del sabato primo novembre, quando il ragazzo si è presentato a casa, completamente bagnato.
Ieri pomeriggio il ritrovo in piazza, nella cittadina dove non si parla di altro. Un gruppo whatsapp per organizzare il tutto, oltre 150 iscritti. Pennarelli e un cartellone bianco, messaggi scritti dai compagni di scuola e dagli amici del ragazzo.
«Non sta bene. Né fisicamente e nemmeno mentalmente. Rovinato a vita, per cosa è accaduto» racconta Sara, la mamma della vittima, la prima persona che ha pubblicamente denunciato sui social l’accaduto domenica mattina: un post su Facebook, poi cancellato. «Sono senza parole» racconta il compagno di Sara, che con la donna e il figlio vive da anni. «spero che la giustizia faccia il suo corso. E spero che i ragazzi non facciano altri errori, non abbiamo bisogno di questo». I due specificano anche l’estraneità alle “spedizioni punitive” organizzate nelle scorse ore sui social. Una famiglia che negli anni è stata seguita, non solo per le fragilità del 15enne ma anche per vecchie segnalazioni legate ad abusi.
E in piazza c’era anche lui, la vittima. Ha parlato poco, ha abbracciato chi era lì per lui. Cappellino e felpa bianchi. I giovanissimi si “spaccano a metà” su questa storia. A intervistarli, alcuni di loro affermano che «se si ritrovassero davanti quelli che lo hanno conciato così, gli darebbero una lezione». Un amico stretto della vittima invece è di tutt’altra idea: «la violenza chiama violenza, adesso dobbiamo aspettare che le istituzioni e la giustizia facciano il suo corso. Certo, vederlo così fa male, la testa rasata e lo sguardo spento» dice a voce più bassa.
Nel frattempo tutti i protagonisti si sono visti sequestrare i cellulari, per ricercare i video che raccontano di quella notte. «Io non mi capacito. Uno di loro è sempre stato un bullo. Ha picchiato un rider, ha fatto casini a Nichelino, a Moncalieri. Ma arrivare a fare così tanto male a uno che era un suo amico... non so, non voglio crederci. Spero che arriveranno delle risposte alle tante domande che mi pongo» si sfoga un altro ragazzo, 17 anni. «La sera dopo quello che è successo eravamo tutti a ballare in discoteca. Era sabato sera. C’erano anche loro, gli indagati. E si sono comportati come se niente fosse. Ecco perché continuo a ripetere che questa storia è strana e che sembra un maxi telefono senza fili». Ai tempi di Instagram però. con i contenuti effimeri «spero solo che nessuno cerchi di farsi giustizia da solo» conclude il ragazzo «altrimenti il finale di questa storia potrebbe essere pure peggio del suo inizio».
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