C’è un’Italia agricola che stringe i denti e una Piemonte rurale che, tra rese e incognite, continua a tenere la rotta e a rappresentare un settore chiave (per un valore di 5 miliardi di euro) di una regione che affronta la crisi dell'industria e dell'export e che si sta aprendo ai settori tech e potenzia l'aerospazio. Ma a quale prezzo? Nel momento in cui il mondo agricolo si prepara a una nuova manifestazione, con mille trattori pronti a "marciare" su Bruxelles, il nuovo report di Confagricoltura Piemonte sull’annata agraria 2025 fotografa un settore in trasformazione, capace di reagire ma costretto a riadattarsi di continuo, come una barca che regola le vele a ogni cambio di vento. Meno aziende, superfici in lieve contrazione, segnali forti da mais e vigneti, nuove traiettorie con bio e agriturismo: luci e ombre che si alternano e chiedono politiche coerenti, tempi certi, scelte coraggiose.
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La mappa del calo: meno aziende, meno terra coltivata In cinque anni
il Piemonte ha perso quasi un’azienda agricola su cinque: dalle 40.152 realtà attive si è scesi alle 30.293. Una contrazione vicina al 20% che non risparmia le
superfici coltivate: da 947.964 ettari a 903.392. Non è solo un dato statistico: è il racconto di una metamorfosi, di passaggi generazionali complicati, di margini risicati e di un quadro regolatorio in fibrillazione. Eppure, il territorio resta fortemente agricolo: il
35,6% della superficie piemontese continua a essere occupata da coltivazioni e
allevamenti. Un patrimonio che resiste, seppure con contorni che cambiano.
I nodi aperti: clima, dazi e tensioni globali Il
clima, questa volta, è stato un compagno meno ostile rispetto agli anni passati. Ma la tregua meteorologica non basta a garantire serenità. Si sommano altre variabili: i
dazi provenienti dagli Stati Uniti, la minaccia di malattie, le tensioni internazionali generate dai territori di guerra. Su tutto, pesa la cornice europea. “La parola che abbiamo scelto quasi come slogan per definire l’andamento di quest’anno, non a caso, è resilienza” afferma
Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte. E aggiunge: “Non dimentichiamo, per esempio, i tagli alla
PAC, che dovrebbero essere del 22% e che ci preoccupano molto. Ma anche il
Green Deal ha i suoi aspetti di problematicità: pur condividendone gli obiettivi di fondo, applicato in questa maniera rischia di non essere sostenibile per le
aziende del nostro settore”. Parole che descrivono un equilibrio precario tra ambizioni ambientali e sostenibilità economica.
Aria, vincoli e zootecnia Allasia richiama anche il piano per la qualità dell’
aria: “Abbiamo cercato di ottenere un allentamento dei
vincoli, che ci mettono in difficoltà soprattutto per quanto riguarda il comparto dell’allevamento del bestiame”. Qui la questione è cruciale: come conciliare obiettivi ambientali, benessere animale e redditività? La risposta passa per transizioni realistiche, tecnologie applicabili e norme che premino chi investe, senza spingere fuori mercato chi presidia i territori.
Mais in ripresa, grano in affanno; i vigneti brillano Tra le colture, qualche segno più emerge. Il
mais migliora rispetto al 2024, anche se resta lontano dai livelli di dieci anni fa: allora erano 170mila gli ettari coltivati, oggi 127mila. Un rimbalzo che vale come termometro della fiducia, ma che non colma il vuoto accumulato. Il frumento tenero arretra, fermandosi a 70mila ettari: il banco di prova dei costi di produzione e della volatilità dei prezzi continua a mettere pressione. In controtendenza, l’annata dei
vigneti fa sorridere: sui 43mila ettari distribuiti in tutto il Piemonte, il 2025 è considerato dagli esperti
tra le migliori vendemmie dell’ultimo decennio, complice un
clima più favorevole. È un segnale non solo qualitativo: l’export e l’indotto legati al vino restano un volano decisivo per
filiere e territori.
Frutta e ortaggi: fragilità e opportunità Il comparto frutticolo, che genera oltre 500 milioni di valore, racconta un mosaico a tinte alterne. Bene mirtilli, pesche e albicocche; in sofferenza mele, pere e kiwi. Perché? La risposta sta in un mix di fattori: fitopatie, concorrenza internazionale, costi logistici e cambiamenti della domanda. Anche l’
ortofrutta segna un andamento a scacchiera: brillano i peperoni, mentre pomodori e patate rallentano.
È la fotografia di un settore che, più di altri, paga prezzi e rese ballerine. Qui la resilienza invocata diventa organizzazione commerciale, contratti di filiera, programmazione e innovazione in campo e in magazzino.
Allevamenti: tra segnali positivi e nuove abitudini Il primario è anche
zootecnia, e la mappa piemontese non è univoca. Gli
allevamenti avicoli danno segnali positivi, sia per la produzione di uova sia per quella di carne, con 700
allevamenti concentrati tra Torino e Cuneo.
Resta un’eccellenza la carne bovina, ma deve fare i conti con abitudini di consumo che cambiano e penalizzano la domanda. La carne suina, infine, fronteggia
la peste suina africana: la diffusione è stata limitata, ma la minaccia è sufficiente a incidere su costi, controlli e mercati. La domanda, ancora una volta, è la stessa: come costruire catene del valore più robuste in un contesto di incertezza?
Bio e agriturismo: la diversificazione come assicurazione Di fronte alla pressione sui margini, il sistema cerca strade nuove. Crescono le produzioni
bio: 3.078
aziende hanno scelto di rispettare le regole dell’agricoltura
biologica, pari al 6,3%. Un valore più basso della media nazionale (17%), ma in linea con il Nord Italia. È un terreno che richiede tempo, investimenti, competenze specifiche; e che intercetta consumatori più attenti, pronto a premiare le
filiere corte e tracciabili. L’
agriturismo, intanto, consolida la sua ascesa: in Piemonte si contano 1.400 attività registrate. Non è solo ospitalità: è presidio del territorio, educazione alimentare, economia circolare che integra ristorazione, vendita diretta e esperienze in azienda. “Il nostro mondo sta andando verso una forte
diversificazione – conclude Allasia – cercando di produrre reddito rispondendo a domande nuove del consumatore finale”. Un mantra che diventa bussola: non esiste più un’unica via alla redditività, ma un portafoglio di attività complementari.
Sono le donne le protagoniste C’è un dato che merita attenzione: nell’
agriturismo è presente un numero significativo di
aziende guidate da
donne, che rappresentano il 40% di tutte le attività “in rosa”. Più in generale, l’
imprenditoria femminile pesa per il 24,5% del totale dell’agricoltura. Un capitale umano che incide su innovazione, qualità dell’accoglienza, cura del paesaggio. È forse anche da qui che passa la rigenerazione del settore: nuove competenze, nuove narrazioni, nuove reti territoriali.
Le domande aperte del 2025 La fotografia dell’annata 2025 invita a un ragionamento di fondo. Si può chiedere alla sola “resilienza” di sbloccare nodi strutturali? La riduzione del numero di
aziende e delle
superfici coltivate segnala la necessità di politiche più stabili e mirate. La questione
PAC (-22% potenziali) e la messa a terra del
Green Deal richiedono pragmatismo: obiettivi ambientali netti, strumenti economici realistici, tempistiche che evitino choc al sistema. Intanto, il campo continua a parlare:
mais in ripresa,
grano in calo, vigne in festa;
frutta e
ortaggi tra picchi e flessioni;
allevamenti resilienti ma sotto pressione. E il mercato, più che mai, chiede qualità, identità, tracciabilità. È l’ora delle scelte: rafforzare l’organizzazione delle
filiere, sostenere il ricam
bio generazionale, premiare chi investe in
tecnologie pulite e in
diversificazione. Perché, come insegna il Piemonte dei campi, la rotta si tiene non solo evitando le tempeste, ma imparando a navigarle.