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Il caso
10 Dicembre 2025 - 11:30
Poco meno di una settimana di tempo per quello che è forse il versamento più indigesto ai torinesi: l'Imu. Il 16 dicembre, infatti, tutti - o meglio chi in possesso di un'abitazione non principale - in fila per il saldo Imu. Che secondo uno studio condotto dal sindacato Uil sarà di 992 euro. Per un complessivo di quasi 2mial euro, che rende Torino la quarta città d'Italia per Imu. Ma la tassa non è solo poco amata. A Torino, infatti, rischia anche di essere fortemente diseguale, figlia di valori catastali mai aggiornati e di classificazioni che continuano a far pagare come “di lusso” migliaia di appartamenti che di lussuoso ormai non hanno più nulla. Secondo l’analisi Uil, a fronte di una media nazionale di 977 euro, il conto dell’Imu sale vertiginosamente nelle grandi città del Centro-Nord. E Torino figura stabilmente nella parte alta della classifica, con 1.984 euro medi sulle seconde case, dopo Roma (3.499), Milano (2.957) e Venezia (2.335). Una forbice che fotografa un sistema “diseguale e confuso”, alimentato da aliquote locali molto diverse e da rendite catastali che non riflettono più lo stato reale degli immobili.
Ma il paradosso torinese è che quasi 2mila immobili sono ancora classificati A/1, ovvero abitazioni formalmente "signorili". Un numero sproporzionato rispetto al reale patrimonio di pregio urbano, e superiore persino a quello di Roma in rapporto agli abitanti. Molte di queste abitazioni si trovano in edifici anni ’40 e ’50: condominìni senza portineria né servizi, con ascensori non adeguati, impianti vetusti e classi energetiche basse. Eppure continuano a pagare l’Imu come fossero case di pregio.
Per la Uil il quadro è chiaro: rendite datate e scelte dei Comuni producono “ingiustizie e disuguaglianze", rendendo necessaria una revisione.
A complicare e al tempo stesso illuminare il quadro torinese c’è un recente orientamento della Cassazione: la categoria A/1 deve riflettere il concetto attuale di “abitazione signorile”, non quello degli anni ’50. Una tesi accolta anche dalla Corte di Giustizia Tributaria del Piemonte, che nell’estate 2025 ha ordinato il declassamento di un immobile di corso Stati Uniti, riconoscendo che vetustà, finiture e parti comuni insufficienti rendono ingiustificata la permanenza in A/1.
Una sentenza pilota che potrebbe aprire la strada a numerosi ricorsi e a una revisione profonda del patrimonio catastale torinese.
Per i proprietari, la differenza è enorme. Passare da A/1 ad A/2 non è una mera questione classificatoria: significa esenzione totale dall’Imu sulla prima casa, riduzione della rendita catastale per seconde case, successioni e donazioni, agevolazioni prima casa in caso di vendita.
In una città dove quasi duemila immobili potrebbero essere sovrastimati, il potenziale impatto fiscale è enorme.
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